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Il voto e gli appelli inascoltati

Le votazioni del 4 marzo, per quanto concerne la realtà locale fotografata dal settimanale Notizie, hanno prodotto esiti tutto sommato in linea con i risultati nazionali: calo sensibile del PD (con le liste collegate a percentuali da prefisso telefonico); un Centro-Destra in cui la Lega surclassa il partito di Berlusconi; il Movimento 5 Stelle in crescita ma solo a Soliera ai livelli raggiunti in Italia; Liberi e Uguali oltre il dato nazionale ma appena di un punto percentuale a Rolo e nei comuni delle Terre d’Argine. Se ci poniamo in ottica diocesana, viene confermata la tendenza di sempre: nell’oltre Secchia (Concordia, Mirandola e S. Possidonio) le forze di Centro-Sinistra e di Sinistra ottengono consensi inferiori a quanto accade nei restanti comuni. Le variazioni registrate possono determinare nel prossimo futuro, per quanto riguarda le giunte comunali, qualche scossone, come è già accaduto a Novi. Dipenderà in parte dalla capacità di reazione dei gruppi dirigenti locali delle forze che questa volta sono uscite ridimensionate dalle urne.

Ma importa cogliere l’occasione per fare piuttosto una riflessione sul rapporto fra il “mondo cattolico” e la politica oggi. Balza in evidenza lo scarto clamoroso fra l’insistenza degli appelli del Papa e dei vescovi affinché i fedeli laici s’impegnino in tale ambito e l’irrilevanza sostanziale dei cattolici nelle istituzioni ad ogni livello. Certo non mancano i singoli volonterosi, che si spera operino con l’intenzione di servire il “ bene comune”, e non invece motivati dalla “ febbre” della carriera, oggi purtroppo alimentata dalla personalizzazione esasperata della politica. Succede però che l’operato di quei pochi quasi sempre venga del tutto condizionato dalle logiche dei partiti cui appartengono, persino su scelte in aperta contraddizione con le indicazioni della Dottrina Sociale della Chiesa e del Magistero.

Sembra allora necessario porre alcune domande preliminari: la predetta Dottrina è ancora considerata “attuale” dalla Gerarchia o la si considera di fatto il retaggio di una stagione obsoleta e si ritiene più “evangelico” privilegiare l’impegno educativo, biblico e liturgico?? E’ corretto cogliere della Costituzione conciliare Gaudium et spes quasi soltanto l’invito all’impegno socio-caritativo, trascurando vistosamente gli ambiti della cultura e della politica? Riflettere su tali questioni può servire a comprendere i motivi dell’acuta sordità dei laici ai reiterati appelli dei vertici della Chiesa. Indubbiamente è poi più gratificante dedicare le proprie energie al volontariato formativo o alla Caritas che scendere nell’arena complicata della politica, ove il confronto è sovente duro e trovarsi in minoranza poco simpatico.

Se tuttavia si ritiene davvero, e non solo a parole, che i fedeli laici debbano impegnarsi in questo campo, capaci di un’azione efficace, è necessario creare le condizioni di base affinché ciò non resti un pio auspicio: da un lato fornire sistematicamente concrete occasioni di formazione specifica e dall’altro non lasciare “soli” coloro che si avventurano su questo terreno e rischiano di sparire come esplicita espressione di un certo sistema di valori condivisi. Non si tratta, sia chiaro, di riesumare oggi il “partito dei cattolici”. Ma è evidente che, come accade per il conseguimento di qualsiasi obiettivo, occorrono modalità operative e appositi strumenti concreti ad ogni livello della realtà ecclesiale, cioè anzitutto” luoghi” di preparazione e di coinvolgimento. Sarebbe bene inoltre interrogarsi se non sia indispensabile superare uno sterile frazionismo, dando vita ad un’entità “prepartitica” autorevole e significativa che, sostenuta idealmente dalla Chiesa, veda l’autonoma responsabilità politica dei laici impegnata con coerenza ad “inscrivere la legge divina nella vita della città terrena”, secondo il mandato del Concilio. (GS 43)

Pier Giuseppe Levoni

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