IN CAMMINO VERSO LA NUOVA DIOCESI
Dopo l’analisi di don Carlo Truzzi su questo blog, a proposito del processo che sta portando al superamento delle diocesi di Modena-Nonantola e Carpi, leggiamo su NOTIZIE un autorevole intervento del nostro Vicario Generale, che si connota per tre aspetti ben distinti.
In primo luogo don Gildo si sofferma a lungo sul significato spirituale e simbolico che ha assunto la scelta di celebrare nella nostra Cattedrale un’interdiocesana Messa Crismale, che vedrà riunito visibilmente, sotto la presidenza del vescovo Castellucci, l’intero presbiterio, che è in cura pastorale dei fedeli dal crinale appenninico fin quasi alla riva del Po, da Fiumalbo a Finale Emilia.
In questa solenne concelebrazione, “Le due diocesi -scrive il Vicario- sperimenteranno di essere entrambe nell’unica corrente di uno stesso torrente di grazia. Tutte e due vivranno, per tutto l’anno, dei Santi Oli contenuti negli unici vasi sacramentali, consacrati un un’unica azione comune”. Un segno dunque altamente e materialmente indicativo della “comunione delle due Chiese-diocesi, in vista di un’unica evangelizzazione e di una coerente missione pastorale che colleghi organicamente il meglio dei due vissuti specifici, prima separati”.
Parole calibrate, sia nell’intento di sottolineare il valore fondante e tutto speciale dell’evento, sia nel finale richiamo eloquente di una peculiarità di ciascuna delle due storie che si vanno concludendo. Un dato, quest’ultimo, che evidentemente preme a don Gildo non sia trascurato proprio nei mesi in cui l’unificazione si va compiendo, con scelte organizzative e gestionali che segneranno il futuro della nuova diocesi.
Questa preoccupazione era già presente in passate sue prese di posizione, volte a ricordare non solo l’ascendenza storica della realtà ecclesiale carpigiana, ma soprattutto a porre l’accento sul patrimonio di santità e di vitalità operativa davvero singolare, che l’ha caratterizzata soprattutto nella prima metà del secolo scorso, con la testimonianza di sacerdoti, religiosi e laici esemplari , e la vivacità di un associazionismo, fecondamente inserito nel tessuto sociale, da molti stimato superiore a quella di altre Chiese locali, pur se di maggiori dimensioni.
L’argomento compare in un altro passaggio dello scritto di don Gildo, laddove, richiamata la prospettiva, già posta sul tavolo, di articolare la nuova diocesi in “cinque diversissimi vicariati”, si osserva che due di questi hanno “al centro una città: la prima è il capoluogo di provincia e la seconda una città tutt’altro che irrilevante nel panorama italiano (si consideri che Carpi è il 77° comune d’Italia, il che vuol dire che solo 76 diocesi hanno un capoluogo con una popolazione superiore, mentre oltre 150 Chiese locali hanno al centro una città più piccola).” Detta con parresia: sarebbe discutibile riordinare il tutto, equiparando meccanicamente un vicariato “Nord–Sinistra Secchia”, con al centro Carpi, agli altri tre minori: Nord-Destra Secchia (Mirandola/Finale E.), Montagna e Pedemontana. In verità quest’ultimo vicariato supera, con 147.782 abitanti, il nostro che ne annovera 110.833. Ma qui evidentemente si intende rivendicare, al di là dei freddi numeri (superficie/popolazione), il peso specifico storico-pastorale di una realtà ecclesiale che richiede, a parere di don Gildo, una considerazione adeguata.
Questo giudizio, nell’esegesi del Direttore di VOCE, lascerebbe chiaramente intendere “che l‘unificazione, per come è stata concepita, umilia il ruolo di Carpi, introducendo un eccessivo livellamento che vede la Diocesi attuale abbassata al rango di un vicariato coincidente con le Terre d’Argine e con Rolo”, cioè senza la rilevanza che merita. Sarebbe pure evidente un’ulteriore perplessità di don Gildo, quando scrive: “il cammino fatto finora ha visto in campo, per ora, solo qualche autorevole ecclesiastico e qualche laico di accompagnamento e qualcuno comincia a desiderare una partecipazione meno simbolica e, come si dice, più dal basso”.
E’ del resto difficile negare che sia dura a morire, in ambito ecclesiale l’attitudine a discutere e decidere entro cerchie ristrette, malgrado l’enfasi posta sulla necessità di assumere uno stile sinodale. Si può convenire che, su problematiche complesse e su aspetti tecnico-giuridici, giochino la partita soprattutto i competenti, ma almeno una puntuale INFORMAZIONE dovrebbe raggiungere capillarmente la più larga possibile platea del Popolo di Dio, che si riconosce nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti. Senza trascurare la possibilità ogniqualvolta la materia lo consenta, di procedere attraverso una vera e propria CONSULTAZIONE, che coinvolga attivamente, oltre al clero e ai religiosi/e, i laici più attivi ed impegnati nell’attività pastorale. Per restare al problema 5 vicariati, su cui sicuramente si sarà meditato a dovere, perché non spiegare almeno i criteri con cui si è arrivati alla scelta, che può essere probabilmente la più congrua?
Ma c’è un terzo aspetto dell’intervento del Vicario, che va oltre questi spunti critici, con l’accenno a “incipienti, possibili disagi” e l’auspicio di “passi molto più coraggiosi”. E’ l’indicazione di alcune piste di lavoro per varcare, con l’unificazione, “la soglia di un futuro complesso e affascinante”. Appare scontata la richiesta di superare ogni clericalismo, attraverso “un’intelligente partecipazione di tutti i ministri ordinati” e l’intensa collaborazione di un laicato che dia “il suo apporto con la propria fantasia specifica”. Lo si auspica da tempo, ma con impalpabili progressi. Più stimolante la sollecitazione a “pensare qualcosa di operativo a livello di fragilità, carità, dialogo ed ecumenismo”, con l’invito a creare un più ampio rapporto con “i fratelli delle Chiese dell’ortodossia, con cui già condividiamo l’uso di alcune nostre strutture”.
E’ da cogliere pure con attenzione un ultimo invito di don Gildo a chiedersi se sia fecondo “unificare l’evangelizzazione, senza una consapevolezza del consistente orizzonte dei nuovi cittadini, delle loro istituzioni (più o meno pubbliche) e delle loro molte culture e religioni.” Non basta occuparci, insiste, del catechismo per i nostri bambini, ma occorre individuare “pubblicamente alcune interlocuzioni esterne, forse possibili”, unica via verso la “speranza bergogliana di una Chiesa in uscita”.
Suggestioni serie, di ampio respiro, non del tutto inedite, che esigono nuova visione e impegno non episodico. Comunque, alla luce delle difficoltà pastorali passate e presenti, è realistico chiedersi se la nuova diocesi avrà le energie umane/materiali necessarie, e una saggia governance aggregante, capace di fissare obbiettivi anche limitati ma concreti, controllandone con costanza il perseguimento, e verificandone puntualmente gli esiti. Senza di che, pur contando sempre sull’assistenza dello Spirito Santo e sul valore di positive relazioni interpersonali, il presunto effetto somma dell’unificazione potrebbe rivelarsi illusorio, e non produrre i frutti sperati.
Pier Giuseppe Levoni