Una memoria adeguata per don Francesco Venturelli

Don Venturelli e Dalla Zuanna

Lettera aperta all’amministratore apostolico della diocesi di Carpi

Il prossimo 15 gennaio cade il 75° anniversario del martirio di don Francesco Venturelli. Chiediamo un segno importante, oltre quel livello di ritualità periodica con cui ricordiamo abitualmente persone ed eventi di interesse sociale.

Don Francesco era nato a Ganaceto, frazione di Modena, il 1° aprile 1887. Ordinato prete il 20 settembre 1913, fu mandato subito a Mirandola come cappellano, dove rimase fino al 1935, con una parentesi di quattro anni tra il 1915 e il 1919 come sergente di sanità. A Mirandola nel 1920 diresse con il parroco don Roberto Maletti l’Unione del Lavoro, associazione sindacale del cattolicesimo democratico. Nel suo impegno formativo fra i giovani avviò anche  un gruppo Scout, il primo nella nostra diocesi. Con il nuovo parroco (1929) svolse il suo servizio pastorale all’ospizio dei vecchi, all’ospedale e all’orfanotrofio. Nel 1935 venne nominato parroco di Fossoli, allora una frazione di 3.000 abitanti, segnato dalla miseria del Borgo (Via Arbizzi, ora Martinelli) e per il resto da mezzadri, salariati e giornalieri sparsi per la vasta campagna.

Si dedicò con assiduità alla “cura delle anime” e all’assistenza dei bisognosi: Aveva un carattere asciutto e franco, di poche parole, che sapevano andare al segno. Era pratico e accurato nella gestione delle attività. Era abituato a leggere e a far leggere, specialmente i bambini. Oltre alla fatica di sostenere la gestione dell’Asilo, costruì il nuovo campanile (1941). Si poteva riconoscere il lui la figura ben riuscita di “prete carpigiano”.

La sua vita ebbe una svolta quando nel 1942 a Fossoli fu allestito un Campo per i prigionieri di guerra, seguito da un secondo Campo adiacente (Campo Nuovo). Vi passarono prigionieri di guerra (1942-43), 2726 ebrei e 2500 “politici” (’43-’44), uomini inviati al lavoro in Germania, internati civili (1944),profughi stranieri ((’45-’47),internati fascisti (’45-’46). Il parroco non si tirò mai indietro e curò l’assistenza morale e materiale  dei reclusi e la gestione complessa e pericolosa delle informazioni in entrata e uscita dal Campo e con i parenti lontani o venuti a Fossoli anche dopo la fine della guerra. Erano tempi  di violente contrapposizioni sociali e politiche e non pochi furono i sacerdoti emiliani uccisi per palese odio anticlericale.

La sera di martedì 15 gennaio 1946 all’ora di cena uno sconosciuto lo chiamò per l’Olio Santo a un incidentato lungo la strada statale. La sorella avrebbe voluto trattenerlo, ma lui andò con il senso del dovere, che aveva sempre avuto. Lungo lo stradello antistante la chiesa lo sconosciuto gli sparò a bruciapelo alla tempia destra. Il proiettile uscì dall’occhio sinistro. Mentre il prete cadeva, lo sconosciuto gli sparò di nuovo alla schiena e sparì rapidamente.

Il giovedì il vescovo Vigilio Federico Dalla Zuanna celebrò il funerale, imponendo un profilo basso, per non alimentare ulteriori tensioni, e timori fra il clero e i fedeli; parteciparono in tutto due preti e cinque laici. Il 17 febbraio seguente fu annunciata pubblicamente e celebrata una Messa in cattedrale. Anche l’Amministrazione Comunale deprecò l’uccisione. Non ci fu un processo. L’assassino non fu accertato e il mandante neppure. E’ incontestabile invece che  si trattò di una esecuzione “da professionista”, che don Francesco custodiva segreti anche pericolosi, che era odiato da diversi comunisti e pubblicamente attaccato dalla medesima parte.

La memoria di don Venturelli  è stata curata dalla Diocesi negli anniversari decennali, specialmente nel 1996 con un opuscolo e la traslazione dei resti sotto l’altare della nuova chiesa con epigrafe. Nel 2006 gli fu conferita dal Presidente della Repubblica Ciampi la Medaglia d’Oro al merito civile. L’Amministrazione Comunale ha intitolato a don Francesco Venturelli un piazzale e la pista ciclopedonale che collega la zona nord della città alla frazione di Fossoli.

Per il prossimo 75°, al di là degli auspicabili rigorosi approfondimenti storici, riteniamo prioritario ed indifferibile un più alto livello della memoria spirituale della nostra diocesi su questo presbitero. Di lui è stato scritto che era “soprattutto un uomo che faceva il prete”. 

Sì, fu un uomo vero. E’ stato un martire? Non lo è per chi pensa il martire come un eroe, un tipo da catalogo dei primati. Per noi cristiani il martire è uno che non rifiuta mai di stare dalla parte di Gesù, morto e risorto, anche quando costa la vita. Il martirio è anzitutto una grazia dello Spirito santo. E’ una testimonianza data “per causa di Gesù…Non preoccupatevi di come o di cosa dovrete dire…non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10,18-20). Nel diario di don Francesco, resoconto del suo operato, leggiamo: “…un sacerdote compie il suo dovere per imperativo  della sua coscienza e per amor di Dio”.

Nel novembre del 1945, inaspettatamente, con emozione, aveva confidato a dieci chierichetti che voleva essere sepolto a Fossoli “per terra, dietro l’abside, sotto la nicchia della Madonna”. Ai ragazzi stupiti aggiunse: “Viviamo in tempi difficili, ma, uniti alla Madonna, siamo sicuri della salvezza”. Pensò che il suo cammino di prete poteva finire anche abbastanza presto e non per sua volontà. Una sera, poche settimane dopo, improvvisamente venne il momento di stare dalla parte di Cristo, buon Pastore. Gli bastarono un “sì” e pochi passi.

Per questo vorremmo che la memoria di don Francesco Venturelli venisse elevata a quella di un martire, in senso cristiano, degno di un processo di beatificazione.

SCINTILLA