Una dimensione da non trascurare

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Dieci anni or sono moriva Alberto Cottafavi, ben noto in città e non solo in ambito ecclesiale, avendo per decenni insegnato al liceo “Fanti”. Cresciuto nell’A.C. e laureato in lettere classiche all’ Università Cattolica di Milano, fece parte  della locale sezione della FUCI ( allora assidua nella riflessione sull’ Umanesimo integrale di Maritain e nella comune recita dei Vespri), e poi dell’UCIIM, l’organizzazione dei docenti cattolici (associazioni oggi scomparse in loco, nonostante non siano pochi gli universitari credenti e praticanti e gli stessi insegnanti di religione). Il suo impegno  conobbe quindi un particolare servizio in ambito culturale, quale animatore preparato ed entusiasta del Cineforum, promosso per anni all’Eden da don Nino Levratti con un’ampia partecipazione dei carpigiani, nonché collaborando a talune trasmissioni dell’allora operante radio locale.

Questa memoria stimola una considerazione più generale sull’importanza per la pastorale di porre la necessaria attenzione alla dimensione culturale. Quando papa Francesco raccomanda una “Chiesa in uscita”, attenta alle “periferie”, sarebbe riduttivo e un po’ miope considerare l’appello solo o soprattutto come un’esortazione ad impegnarsi, oltre che nell’evangelizzazione, per una maggior giustizia  intesa in senso “socio-economico”. Madre Teresa di Calcutta, che ha vissuto personalmente le situazioni di degrado umano di tante aree del mondo, ha detto un giorno: La povertà più spaventosa è quella spirituale perché non può essere eliminata con un pezzo di pane o una manciata  di dollari. Non a caso gli “Orientamenti pastorali della Chiesa italiana” per questo decennio pongono al centro il compito educativo, nella convinzione che Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare cultura e civiltà….Tra i compiti affidati dal Maestro alla Chiesa c’è la cura del bene della persona nella prospettiva di un umanesimo integrale e trascendente.(n. 5). 

Una conversione pastorale che si qualifichi non più prevalentemente devozionale ma missionaria, attenta cioè alla realtà umana del nostro tempo, deve allora impegnarsi affinché i fedeli “…sappiano armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiano;…potranno così giudicare e interpretare tutte le cose con senso autenticamente cristiano”. Questo ha affermato il Concilio (GS, 62) e ciò vale tanto più oggi, in un cambiamento d’epoca, come sottolinea il Papa, che registra una radicalizzazione non soltanto delle problematiche dell’ambito socio-politico, ma anche di quelle di ordine antropologico. In altri termini oggi, nel costume e nella legislazione, viene messa talora in questione  la concezione stessa dell’uomo, per cui i fedeli devono essere in grado di comprendere la gravità di questa sfida e di testimoniare la validità della concezione cristiana, proprio per la salvaguardia dei più autentici valori umani. Non a caso papa Bergoglio denuncia la  desertificazione spirituale, frutto di un progetto di società che si vuole costruire senza Dio, distruggendo le sue radici cristiane.”(EG, 86) Anche la nostra Chiesa diocesana, nel suo impegno di trasmissione della fede, non può quindi non misurarsi con il problema di una valutazione della cultura diffusa oggi e non può non proporsi di agire su di essa col fermento dell’annuncio evangelico.

Lodevolissima è la preziosa attività che in diocesi svolgono entità che si prodigano nell’aiuto materiale a quanti, per le più diverse ragioni, soffrono ed hanno bisogno di assistenza. Altrettanto fondamentale quanto si fa per una sempre più matura fede del popolo di Dio, curando la sua formazione biblico-liturgica. Sarebbe però non lieve omissione trascurare il fondamentale rapporto fra pastorale e “cultura”.

Questo comporta un utilizzo più mirato sia delle risorse (omelie,Scuola diocesana di teologia, settimanale Notizie, uffici e commissioni con compiti formativi, aggregazioni laicali, insegnanti di religione), sia delle strutture disponibili (edifici sacri, museo e archivio diocesano, biblioteca del seminario, sale della comunità); aspetti su cui sarà utile tornare partitamente, salutando con speranza  fin da ora l’avvio del cantiere per il restauro di S.Ignazio. Resta da chiedersi se un’attenzione non epidermica  o saltuaria alla dimensione culturale della pastorale, qui tratteggiata, non esiga l’azione efficace di un organismo collegiale di coordinamento e di iniziativa, magari un apposito Segretariato, quale si provò a sperimentare alcuni anni or sono. Vogliamo parlarne?

Pier Giuseppe Levoni