Tre anni di unione “in persona episcopi”: bilanci e prospettive

Tre anni di unione

Servivano le parole del Presidente della CEI e Arcivescovo di Bologna per riaccendere i riflettori sulla fusione fra l’Arcidiocesi di Modena-Nonantola e la Diocesi di Carpi. E monsignor Zuppi l’ha fatto con una semplicità disarmante, quasi en-passant mentre parlava d’altro, dando voce a ciò che molti avevano pensato nel momento in cui le due Diocesi erano state unite “in persona episcopi” sotto la guida di monsignor Erio Castellucci, ormai tre anni fa.

Il destino era evidentemente segnato già da allora e serve a poco adesso sottolineare i distinguo e discettare sulle interpretazioni. Si tratta piuttosto di sedersi intorno a un tavolo e costruire insieme il percorso per arrivare alla fusione nel modo migliore. Non c’è bisogno di dire cheè la nostra Diocesi ad averne il maggior interesse, perché è quella che rischia di più. In un clima di lassaiz-faire, l’auspicabile “fusione” potrebbe rivelarsi alla fine dei conti un più sgradevole “assorbimento”. Qualche segnale si è già visto. Per esempio, il Seminario di Carpi ha chiuso e i suoi due studenti sono stati trasferiti in quello di Modena. Doveroso, si dirà, qual è il senso di mantenere due strutture, quando non ci sono abbastanza allievi neppure per una sola? Tuttavia, si potrebbe obiettare che si sarebbe potuto percorrere anche l’operazione inversa, cioè chiudere il Seminario di Modena e trasferire a Carpi i pochi studenti del capoluogo. Un’ipotesi che, a quanto si sa, non è stata presa in considerazione.

Questo schema, teso a sopprimere in silenzio il doppione di Carpi in favore di quello di Modena, potrebbe replicarsi in tanti altri ambiti, se non si struttura un percorso condiviso chiaro e trasparente. Pare che alcuni organismi siano già stati unificati (anche se non sono stati resi noti i nuovi organigrammi): le commissioni liturgica, diaconi, ministeri, Migrantes e Tutela minori, ma tanto resta ancora nel limbo. Prendiamo per esempio i settimanali delle due Diocesi, che hanno rappresentato (almeno per quanto riguarda Carpi) il canale più importante di collegamento della vita diocesana. Quali riflessioni si stanno facendo in materia? Ha senso per un’unica Diocesi mantenere in vita due settimanali che navigano entrambi in acque economiche difficili? Ed è immaginabile che Modena rinunci a Nostro Tempo in favore di Notizie, per quanto questi abbia una diffusione più capillare e radicata dell’omologo modenese?

Problemi aperti che non si possono risolvere, come piace tanto a noi italiani, con le sole parole o lasciando trascorrere il tempo nella speranza che le cose si sistemino da sole. Lo ha riconosciuto anche un Presidente del Consiglio poco tempo fa, facendo autocritica. Disse, più o meno, “pensavo che bastasse costruire un progetto di riforma e farlo approvare dal Parlamento per vederlo applicato in breve tempo. Invece, non funziona così, i processi vanno presidiati costantemente”.

Aveva ragione. Le buone intenzioni e i riferimenti “alti” contano fino a un certo punto, poi deve intervenire un sano pragmatismo di matrice anglosassone, che trasporti la leggerezza delle parole sul duro terreno delle conseguenze operative. Serve qualcuno che metta mano al lavoro più faticoso e meno glorioso, fatto di numeri, tabelle, indicatori, obiettivi.

Dunque, a tre anni dall’unione delle due Diocesi “in persona episcopi”, qual è lo stato dell’arte? Difficile dirlo. Ciò che è stato fatto, spesso è noto soltanto agli addetti ai lavori. Se si dà un’occhiata ai siti di entrambe le Diocesi, non c’è traccia alcuna di percorsi di unificazione, né presenti né futuri, né iniziati né conclusi. Tutta la Chiesa è in sinodo. Anche le relazioni tra le due Diocesi vanno affrontate con un vero e proprio procedimento sinodale.

Eppure, per dirla con una nota parabola, prima o poi lo sposo arriverà, anche se non conosciamo il momento. E allora scopriremo se siamo state vergini sagge o vergini stolte. Sperando che non sia troppo tardi.

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