Ascolto fase uno
Era scontato che la modalità del tutto aperta della consultazione sullo stato presente della Chiesa producesse, anche in sede locale, una valanga eterogenea di osservazioni, di critiche, di dubbi e di proposte, nella quale è arduo individuare con certezza una indicazione di rotta per il futuro. Tuttavia il quadro che emerge dalla “rilettura” dell’equipe diocesana dei 116 contributi raccolti dai gruppi sinodali merita certo un’attenta riflessione.
Preventivamente ci sia consentito rilevare che, sul piano comunicativo, sarebbe stato utile allegare una tabella con l’elenco delle parrocchie e dei movimenti/associazioni che si sono attivati con uno o più gruppi sinodali, chiarendo pure l’apporto o meno di pareri di singoli fedeli, e particolarmente l’eventuale voce di persone non praticanti o agnostiche. Su questo terreno la relazione si sviluppa sulla diade piuttosto generica dei “molti-alcuni”, e si limita a lamentare lo scarso coinvolgimento di realtà “fragili ed emarginate” e dei giovani.
Venendo alla sostanza di quanto scaturisce, in questa prima fase dell’ascolto, dalla variegata panoramica, spuntano alcune tematiche che appaiono particolarmente sentite. Anzitutto, in ordine alla “gestione” della comunità ecclesiale, si sente la necessità di superare lo schema gerarchico-clericale con l’adozione di una modalità fondata sulla collaborazione/corresponsabilità dei laici, e più disposta a riconoscere l’apporto determinante delle donne. Si tratta, come è evidente, di materia strategica, che, aldilà di possibili coraggiose e volontaristiche sperimentazioni e della verifica della reale disponibilità, e a quali condizioni, dei laici medesimi, esige riforme pastorali e canoniche, che probabilmente solo da un Sinodo o addirittura da un Concilio possono essere promosse.
Circa liturgia e vita di fede, sono emersi, da un lato, l’esigenza di una meno burocratica e più approfondita spiegazione della “Parola di Dio”, specie nelle omelie e di un coinvolgimento più ampio dei partecipanti; dall’altro l’auspicio, oggi insistentemente teorizzato, della creazione di un clima di cordiale “accoglienza”, di “dialogo”senza preclusioni, favorendo “occasioni di incontri informali e conviviali”.
Come si vede anche solo da questi temi, fra i tanti elencati nella Relazione, la sensibilità della base ecclesiale sembra porsi in sintonia con la linea pastorale tracciata dal Papa nell’Evangelii Gaudium, non senza qualche semplificazione problematica ( aggiornare-ma come ?- la catechesi di bambini e adulti), e qualche stereotipo di suggestiva ma dubbia consistenza pedagogica (nella formazione conta più fare esperienza di stili di vita evangelici che ascoltare contenuti astratti). Come se l’approccio empatico-emozionale, nella ricerca di senso della nostra vita, possa davvero prescindere dalla dimensione razionale, la sola che rende unico l’uomo nel creato. Come se si possa essere avvinti dallo stile e dai gesti di Gesù, trascurando le parole, tutte non qualcuna selezionata a piacere, dei suoi insegnamenti.
Su un paio di questioni concrete sollevate dai Gruppi Sinodali vale la pena soffermarsi. La prima è la denuncia di una piaga da sempre lamentata nella comunità ecclesiale, e cioè l’incomunicabilità di fondo che persiste nelle pur benemerite associazioni/movimenti, fra loro, e in rapporto alla realtà parrocchiale. La seconda ancor più esplicita consiste nel drastico giudizio sulla “poca qualità ed efficacia, sia sui singoli frequentanti sia sul contesto scolastico nel suo complesso” dell’insegnamento della religione cattolica. Si tratta in realtà di deficit annosi e più volte segnalati, sui quali un robusto governo pastorale, anche a livello locale, dovrebbe e potrebbe intervenire con decisioni adeguate per un maggior coordinamento nel primo caso, e un più efficace supporto e controllo nel secondo.
Si può convenire che questa prima esperienza di ascolto, nonostante obiettive difficoltà e lo scarso tempo concesso, ha provocato un confronto e una riflessione di discreta ampiezza sulle problematiche ecclesiali, grazie all’impegno di promozione, di sostegno da parte dell’equipe diocesana, che ha pure redatto la non facile “rilettura” dei contributi provenienti dai Gruppi.
Sulla scorta di questi esiti e dalle indicazioni che, da settembre, perverranno dalla CEI, sarà possibile focalizzare, nel prossimo anno pastorale, l’analisi sulle priorità individuate, attraverso una maturazione sempre più consapevole, anche a livello diocesano, del sensus Ecclesiae del Popolo di Dio, per far fronte alle sfide imposte dal “cambio di epoca” che stiamo vivendo.
Pier Giuseppe Levoni