Storie di vita vissuta

Fabbrica tessile

Mi è capitato di recente di vedere casualmente in libreria una copertina di un libro raffigurante Carpi e ne sono stato incuriosito. Il titolo “La prima volta che vidi la neve” sembrava prefigurare già il genere, romantico e memorialistico. Si trattava infatti della storia della vita di una donna carpigiana raccontata dalla stessa protagonista, in modo semplice, diretto, senza pensare troppo a sintassi e grammatica. Ma ciò che l’autrice narra ha il sapore dell’autenticità.

La vita durissima per traversie, miseria e il doloroso impatto con la realtà che sembra infrangere continuamente i suoi sogni di bambina, è raccontata con ingenua e autentica testimonianza. Sono gli anni nella Carpi del dopoguerra, a cui seguono quelli del miracolo economico e della crescita della città come mai era accaduto in passato, ma qui questa storia viene raccontata dal basso, dalla parte dei sacrifici e delle durezze quotidiane. A nove anni la protagonista comincia a lavorare, interrompendo le elementari (siamo intorno al 1950), praticamente reclusa in un corridoio buio di una fabbrica, dove deve selezionare stracci. 

Dopo circa tre anni di questo duro lavoro, viene a sapere che in una grande fabbrica di Carpi cercano operaie anche giovanissime. Ha 13 anni quando riesce a farsi assumere; si lavora dalle 7.30 fino alle 19 con un’ora di intervallo. Si tratta di un altro lavoro durissimo, in mezzo a macchine che esalavano trielina usata per lavare le maglie. Un lavoro, fra l’altro, controllato da sorveglianti in ogni momento affinchè non si perdesse un solo minuto. 

A sedici anni viene licenziata su due piedi dal titolare, che invece di metterla in regola come operaia, preferisce risparmiare e assumere altre apprendiste giovanissime.

Non occorre essere sindacalisti, né “buonisti” di maniera, per ritenere odiose queste pratiche, per di più condotte da chi si è arricchito in maniera spropositata, incapace per altro di mantenere competitiva l’azienda quando i tempi in seguito si faranno più difficili.

Colpiscono queste storie semplici ma vere, raccontate con sentimento e dignità. 

Viene in mente a questo proposito il capitolo dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco, dove si parla dell’”Iniquità radice di tutti i mali” (202) e poco dopo “Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli della distribuzione dei beni…(203).

Tornando alla storia raccontata nel libro viene da pensare anche attraverso queste storie che la tanto decantata Carpi degli anni del boom economico sia ancora tutta da scrivere.

Perché è senz’altro vero e persino ovvio che non tutti gli imprenditori possono avere la straordinaria visione di un Adriano Olivetti, ma la semplice storia raccontata ci aiuta a cogliere la sproporzione tra la logica del successo individuale oggi più che mai imperante e il giusto riconoscimento di tutti coloro che con dignità hanno contribuito alla crescita della comunità cittadina.

Renzo Gherardi