Sinodalità anche per i beni economici della Chiesa

Sinodalità per i beni ecclesiastici

Nel “processo sinodale”, che coinvolge la chiesa a livello mondiale, sono emerse alcune problematiche ricorrenti: corresponsabilità, ruolo della donna, forme dell’annuncio del vangelo, celibato ecclesiastico, raccolta fondi, ecc. Mi sembra che ci sia minor attenzione all’informazione in generale e sui beni ecclesiastici in particolare e la relativa gestione sinodale e pubblicizzazione.

Questo, fra l’altro, fu uno dei temi proposti al vescovo Erio alla sua prima venuta tra noi. Finora abbiamo avuto l’informazione della suddivisione del milione di euro circa che la diocesi riceve ogni anno dalla CEI, attingendo al fondo dell’otto per mille. La pubblicazione di questi dati è un atto obbligatorio in forza dell’art. 44 della Legge 22/1985 relativa al Nuovo Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana del 10.02.1984. A suo tempo il vescovo Bassano diede una comunicazione non solo sull’otto per mille, ma a tutto campo. Ma non si continuò su quella strada.

Non è una semplice rivendicazione di democrazia. Tocca la natura della chiesa, compagine di fratelli che danno e ricevono reciprocamente amore, riflesso per tutti della presenza e della vita divina. “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34s). Poi Gesù continuò: ”Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”(Gv 15,15).

E’ giusto ricondurre i problemi al loro principio. Mi sembra che si sia seguita proprio questa procedura nella questione che generò lamentele e accuse nella chiesa delle origini. La disinformazione e la trascuratezza nella gestione dei beni comuni stavano guastando il DNA dei discepoli di Cristo. Nel capitolo VI degli Atti degli Apostoli leggiamo: “In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica, perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate/posposte le loro vedove” (Atti 6, 1-6). La ferita venne risolta in un’assemblea, oggi si direbbe “in un processo sinodale”, e successiva creazione di un gruppo di servizio, ricco di fede e di attitudini umane riconosciute (cf Atti 6,3-7). Dall’insieme del racconto vediamo che non si trattava semplicemente di tecnica amministrativa, ma di vita autenticamente cristiana, cioè fraterna.

Ci fu anche una violenza deliberata alla gestione comunitaria, fraterna dei beni. L’apostolo Pietro ai suoi tempi la ritenne degna della pena capitale (Atti 5, 1-11).

La malafede, allora come oggi, è un caso raro. Il problema comunemente mi sembra un altro. Manca chiarezza sulle linee di responsabilità, programmazione, controllo, verifica. Se si informa davvero la comunità sulla gestione dei beni economici, non può che migliorare la prassi, in definitiva la corresponsabilità e la fraternità. 

Circa sette anni fa mons. Nunzio Galantino, allora Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, annunciò pubblicamente che varie diocesi pubblicavano i loro bilanci economici. Venne subito smentito, perché non era vero. A quanto conosco, da allora non ci sono stati molti progressi. Il primo passo sarebbe la chiarezza interna, dipendente anche dal passaggio delle consegne da una gestione all’altra. Poi può venire la pubblicazione. 

Che farà la nostra diocesi?

Carlo Truzzi