Se la chiesa brucia – Il rischio della rassegnazione

Se la Chiesa brucia

Scriveva don Erio, nella Lettera Pastorale E camminava con loro, che i cristiani non devono “perdere troppo tempo a lamentarsi di non essere più maggioranza”, ma piuttosto impegnarsi per essere “minoranze creative”.  A tal proposito Andrea Riccardi, autorevole storico e fondatore della Comunità di S. Egidio, osserva: purchè invece non siano “minoranze frutto di declino, resti, residui”.

Lo abbiamo letto nell’intervista che su Avvenire lo interpellava in merito al suo nuovo saggio  La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo. Si tratta di un’analisi cruda e profonda sullo stato attuale di evidente difficoltà delle Chiese nell’occidente europeo e nordamericano. Il continuo e rapido diminuire della pratica religiosa, il calo delle vocazioni presbiterali, l’indebolimento della presenza di frati e suore dei vari ordini, le comunità ove  solo saltuariamente si celebra l’Eucaristia sono a suo giudizio “parametri vitali saltati in maniera impressionante”.

Di fronte a questa realtà, afferma Riccardi, “ Se ci si limita a rabberciare il presente, si è solo trascinati nelle nostalgie del passato”. Il cambio d’epoca, di cui parla il Papa, ci chiede “una liberazione dal tran tran dell’oggi e di guardare oltre”. Purtroppo però non pare che si affronti la situazione con la necessaria convinzione ed energia. Ad esempio: già nel 2015 Bergoglio aveva invitato la Chiesa italiana ad avviare “un percorso sinodale e per anni non si è fatto quasi nulla su questo. E’ drammatico come non si riesca ad affrontare la crisi”.

E’ una constatazione amara ma sacrosanta. Che fa il paio con l’esortazione di don Erio, nel testo citato, a “non impiegare troppe energie nel restauro e nella conservazione di strutture pastorali e sociali”, divenute spesso freno e non spinta per l’azione evangelizzatrice.

Come mai questa scarsa, se non inesistente, capacità di reagire e di cambiare passo?  Ovviamente le cause sono tante e di rilevante complessità, per un’istituzione che necessariamente ha regole e modalità operative di lunga tradizione. Ma a noi pare che alla radice stia anche un’insufficiente coraggiosa e aperta riflessione su queste tematiche nella realtà ecclesiale di base. C’è un indubbio e dannoso scarto fra le analisi di storici, teologi e di certi documenti magisteriali da un lato e dall’altro il vivere e l’operare quotidiano, pur generosamente impegnato. Urge un laicato più preparato , più propositivo, ed aggregazioni ecclesiali meno ripiegate su se stesse, paghe di salvaguardare la propria identità. Urgono luoghi e strumenti di dialogo aperto e di confronto, condizione per la crescita del sensus ecclesiae del Popolo di Dio. In sostanza: pensare di più, oltre ovviamente a pregare di più e ad essere più “ospitali”.

Senza quel discernimento comunitario sui segni dei tempi, invocato dal Concilio, non ci può essere  piena consapevolezza della crisi e di conseguenza  feconda “creatività” delle minoranze.

SCINTILLA