Dalla “falange” alle aggregazioni
Nei drammatici anni ‘40, finito il secondo conflitto mondiale, quando la contrapposizione sociopolitica e la “guerra fredda” spingevano i cattolici italiani a serrare le fila e l’Azione Cattolica, strutturata per gruppi anagrafici maschili e femminili, poteva convocare a Roma imponenti masse di fedeli laici, il ruolo di questi ultimi era visibilmente subalterno nella comunità ecclesiale. Ciò ovviamente non impedì, allora e nei decenni seguenti, l’emergere di personalità, che, anticipando il rinnovamento conciliare o attuandone lo spirito, seppero dar vita a originali percorsi formativi, e quindi ad aggregazioni miranti a proporre stili e metodi particolari di testimonianza cristiana e di evangelizzazione.
Contemporaneamente l’Azione Cattolica, con la “scelta religiosa”, adeguò la sua fisionomia e il suo impegno, svolgendo un fondamentale ruolo formativo, specie delle giovani generazioni, accanto allo scautismo, rinato felicemente dopo la fine del regime fascista, che ne aveva decretato lo scioglimento. Insomma un laicato cattolico non più “falange” monolitica, ma vitalmente multiforme, proteso a rispondere più efficacemente alle esigenze determinate dal processo di secolarizzazione, che via via investiva anche il nostro Paese, e dal coevo tramonto della cosiddetta “cristianità”.
Nella nostra Diocesi oggi, secondo l’Annuario 2023, sono una trentina queste realtà. La loro presenza, datata o recente che sia, ha conosciuto nel volgere degli anni fasi diverse, anche se, per buona parte di esse, ed in particolare per quelle dei docenti,le adesioni e la “spinta propulsiva” degli entusiasmi iniziali sono andate affievolendo. E’ comunque da sottolineare l’apporto sempre importante fornito alla vita ecclesiale, anche in sede locale, da queste aggregazioni, per le quali il Concilio ha espresso una non equivoca considerazione, aprendo la via agli attuali sviluppi della sinodalità, nel segno della comune dignità battesimale di quanti compongono il Popolo di Dio.
Possiamo richiamare, a mero titolo d’esempio: figure indimenticabili dell’A.C. locale come Romana Zelocchi, Romano Pelloni e Mario Gasparini Casari; fra i Focolarini Antonio Pippo Prandi e la sua “creatura” Terza Età; dalla spiritualità di don Giussani il prezioso servizio ai diversamente abili carpigiani della cooperativa sociale“Nazareno”; la catechesi singolare svolta nelle comunità del Cammino Neocatecumenale.
Non che in questi ultimi decenni siano mancati problemi. Circa soprattutto i nuovi movimenti, fra i papi e fra i vescovi si sono notate esplicite differenze di valutazione e di sostegno. Recentemente sono state emanate, ad esempio, norme volte a superare sia eccessive forme di autorità/culto dei fondatori e loro successori, sia possibili derive settarie. A ben riflettere, in proposito, arduo conciliare, da parte della gerarchia, la dichiarata scelta di una visione di Chiesa aperta, come “unità nella diversità”, e contemporaneamente l’imposizione di vincoli, che talora sembrano anche andare oltre il legittimo e sacrosanto diritto-dovere di prevenire devianze o addirittura comportamenti riprovevoli.
La questione, a nostro avviso, va inquadrata nell’attuale condizione di ”crisi” (ancorché considerata benedetta dal nostro don Erio) della cura pastorale. Per uscirne concretamente occorre riconoscere che il dilemma parrocchia-movimenti o gruppi va sciolto in ottica realistica. Infatti la prima, fondata sul criterio dell’appartenenza “territoriale”, può funzionare bene per realtà di ridotte dimensioni, in cui le persone si conoscono e condividono empaticamente esperienze positive e problemi. Nelle più vaste dimensioni, come le città medio-grandi, le nuove aggregazioni possono coinvolgere più agevolmente gli individui attorno ad un determinato stile comunitario o ad una certa ispirazione ideale e metodica pastorale. La logica della convivenza positiva delle due vie sembra più convincente ed opportuna di quella di una loro ineliminabile contraddizione.
Proprio anche su tale questione, la recente Sessione del Sinodo dei Vescovi nella Relazione di Sintesi, su cui riflettere e dialogare fino all’ottobre ’24, si è espressa con parole molto equilibrate e chiare: “Il Popolo di Dio riconosce i fermenti di rinnovamento presenti in comunità che hanno una lunga storia e nella fioritura di nuove esperienze di aggregazione ecclesiale. Associazioni laicali, movimenti ecclesiali e nuove comunità sono segno prezioso della maturazione della corresponsabilità di tutti i battezzati. Il loro valore risiede nella promozione della comunione tra le diverse vocazioni, nello slancio con cui annunciano il Vangelo, nella prossimità a coloro che vivono una marginalità economica o sociale e nell’impegno per la promozione del bene comune. Sono spesso modelli di comunione sinodale e di partecipazione in vista della missione.” (Parte II, n.10, lettera c)
Dove la novità più complessa per il futuro è corresponsabilità, molto più impegnativa della semplice comunione e l’esatto contrario di una subalternità del laicato, cui corrisponde spesso quel clericalismo che papa Francesco non si stanca di denunciare. Ma il cammino non sarà breve, implicando, oltre ai necessari approfondimenti teologici, radicali adeguamenti nel diritto canonico.
Pier Giuseppe Levoni