Scelte politiche

Scelte politiche

Il momento di elezioni non è l’unico momento in cui dobbiamo sentire il dovere di partecipare alla vita politica, ma in una democrazia rappresentativa è uno dei più importanti. Questa partecipazione esige un discernimento serio, che impone pure una dimensione comunitaria.

Ho l’impressione che questo sia una esperienza sconosciuta nella diocesi di Carpi; sempre a causa della paura di creare divisioni. Questo, per me, è segno di fede immatura e di una gerarchia che si è sempre intromessa troppo in un campo che non le è proprio.

Infatti, non dobbiamo aspettarci che sia la Gerarchia (i vescovi o i sacerdoti) a dirci come dobbiamo votare. Questo perché, come ci insegna Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas est, alla gerarchia spetta l’affermazione dei valori e dei principi fondamentali, la formazione delle coscienze e l’educazione al discernimento; mentre ai singoli cristiani, in quanto cittadini, individualmente e in forma associata, spetta il dovere di tradurre valori e principi in scelte concrete in campo politico, sociale ed economico.

La politica è un campo in cui il cristiano deve imparare a dialogare e a collaborare con tutte le forze politiche, anche quelle di ispirazione non cristiana. Infatti, i cattolici non possono avere la pretesa di costruire una nuova società da soli e non hanno il diritto di escludere che altri, partendo da premesse ed esigenze diverse, non possano tendere all’affermazione di valori comuni.

Per questo il cristiano deve saper conciliare le esigenze della fede con le esigenze che l’azione politica deve avere per essere efficace; riconoscendo che essa ha come scopo la realizzazione del bene comune, ossia l’insieme di quelle condizioni oggettive che permettono e favoriscono il bene integrale di ogni singolo cittadino, e rispettando sempre la libertà di coscienza di ognuno.

Il discernimento comunitario (in ogni parrocchia potrebbe esserci un gruppo che si interessa di politica) esige che ci si lasci guidare da quella “ragione autoresponsabile”, di cui parla sempre Benedetto XVI nella stessa enciclica. Il discernimento, infatti, esige, non solo spiccate capacità di osservazione e analisi della realtà, ma anche e soprattuto una grande onestà intellettuale; possibile se, come leggiamo nella stessa enciclica, operiamo in noi una vera “purificazione della ragione”, alla quale la Chiesa può e deve  contribuire, in quanto attraverso la fede permette “il risveglio delle vere forze morali”.

Credo che in quanto cristiani la nostra partecipazione in campo politico debba seguire criteri che hanno la loro radice nella nostra fede, pur non uscendo dall’ambito rigorosamente politico. Ne indico due. Nei conflitti di interesse, il politico cristiano dovrebbe prendere parte sempre per il più debole. In secondo luogo, dovrebbe resistere sempre alla tentazione del potere per se stesso. 

In questo, i laici non devono neppure promuovere gli interessi della Chiesa in quanto istituzione e il rafforzamento del suo potere nella società. Il Vangelo ci insegna che la missione della Chiesa è quella di servire. Di fatto la Chiesa ha solo bisogno di libertà, per poter annunciare il messaggio di Cristo e testimoniarlo in tutte le forme di carità, offrendo al mondo il servizio della verità e dell’amore, contribuendo, come dicevo, alla “purificazione della ragione” e al “risveglio delle forze morali”.

Tommaso Cavazzuti