Questo matrimonio s’ha da fare

Questo matrimonio s'ha da fare

In un futuro abbastanza vicino le due diocesi di Carpi e Modena cesseranno di esistere e formeranno un’unica diocesi nuova. E’ questa la lettura teologica corretta dell’evento che attendiamo. Pertanto non si parli di assorbimento, di fusione o di accorpamento.

Perchè? La diocesi non è un ente territoriale come un comune o una provincia, ma una realtà umano-divina, fatta di uomini e abitata da Cristo e dallo Spirito Santo. Dice il Concilio Vaticano II: “La diocesi è una porzione del popolo di Dio, che è affidata alle cure pastorali di  un vescovo coadiuvato dl suo presbiterio…in modo che costituisca una chiesa particolare, nella quale è veramente presente e agisce la chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica” (Christus Dominus 11). Si può fare un’analogia. Come nelle singole particole consacrate è presente un unico Cristo, così nelle singole chiese particolari/diocesi, è presente ed agisce veramente Cristo, è presente e agisce l’unica chiesa di Cristo. Quando, per caso, alla Comunione, mi vengono date due particole, non ricevo due Cristi o due comunioni. Così l’unione organica di due diocesi con un unico vescovo forma un’unica chiesa particolare nella quale è presente ed agisce l’unica chiesa di Cristo nel mondo, localmente presente nelle varie chiese diocesane.

Nota margine. Nonantola, sempre nominata insieme a Modena, non è mai stata una diocesi e pertanto è semplicemente una parte di Modena. Viene nominata per rendere onore a un’abbazia (monastero) famosa, che, come altre, curava parrocchie esterne situate spesso in terreni di sua proprietà. E’ una delle poche abbazie sopravvissute alle soppressioni napoleoniche. Anche Carpi, con il titolo di prelatura, fino al 1779, prima di diventare diocesi, curava parrocchie vicine, situate nei domini della famiglia Pio.

Il passaggio a una nuova futura diocesi, che probabilmente si chiamerà Modena-Carpi [-Nonantola?], apre una fase nuova, dalla quale speriamo un miglioramento pastorale. Al momento mi sembra una buona scelta e tale soprattutto dovrà apparire a chi ha preso le decisioni.

Nel 2019 il papa disse ai vescovi italiani che “in Italia ci sono troppe diocesi”, pur sapendo che nel 1986, quando fu revisionato il Concordato tra l’Italia e la Santa Sede, le diocesi erano state ridotte da 325 a 228. Con qualche riluttanza partì la nuova fase auspicata dal papa. Ora le diocesi unite “in persona episcopi” [nella persona del vescovo] sono 41. L’unica finora succeduta a due è la diocesi di Cuneo-Fossano. In Emilia-Romagna siamo in movimento solo noi. Spesso il processo fu avviato unendo due diocesi nella persona del vescovo, quando veniva meno il vescovo della chiesa diocesana più piccola, come nel nostro caso.

Non conosco quali approfondimenti siano stati fatti sia nel 2019, per avviare il nuovo processo alle dimissioni del vescovo Cavina, sia ora, per concludere con un’unica diocesi. Le direttive del Nunzio della Santa Sede in Italia e della Congregazione dei vescovi, anche con noi, sono state chiare: “Indietro non si torna!” 

L’unione delle due diocesi in persona episcopi e la loro futura confluenza in un’unica diocesi con un unico vescovo non sono state decise con un vero processo sinodale qui da noi, dobbiamo ammetterlo. Me ne rammarico. Non sono il solo. Ho però motivo di pensare che a livello locale in futuro ci sarà più coinvolgimento. Il vescovo Erio del resto e noi preti ci siamo messi da tempo su una strada di condivisione.

Carlo Truzzi