Primo: migliorare quel che c’è

Per la fede degli adulti

Per la fede degli adulti

Fra i cinque temi proposti dalle Linee Guida della Conferenza Episcopale Italiana per la fase “sapienziale” di questo terzo anno del Cammino Sinodale (missione, comunicazione, formazione, corresponsabilità, strutture), le nostre due diocesi, come quella di Bologna, hanno deciso di svolgere il discernimento sulla formazione alla fede e alla vita. Scelta forse non particolarmente ardimentosa, ma tutto sommato comprensibile, trattandosi di un ambito nel quale sperimentazioni ed innovazioni pastorali possono essere di immediata applicazione pratica, non richiedendo complesse modifiche anche del Diritto Canonico, come accade per materie come corresponsabilità o strutture.

Il Documento Cei sviluppa, a proposito di questo tema, un’ampia argomentazione sulla necessità di fornire risposte concrete ad un’esigenza di fondo: “sintonizzare formazione ed educazione, accompagnando la crescita permanente di tutti i membri della comunità in ogni fase della vita e in qualsiasi ruolo si operi”. Dunque una prospettiva dallo spettro molto vasto, e realisticamente in sede locale si è optato per accendere la lampada solo su tre ben precise e circoscritte aree: iniziazione cristiana in preparazione ai Sacramenti, formazione degli adulti, e accompagnamento spirituale. Sul piano metodologico la Cei sottolinea  il ruolo decisivo che in tale processo potranno svolgere gli organismi di partecipazione (Consigli  Diocesani e Parrocchiali), le associazioni, i movimenti, la vita consacrata,ecc. Una via di capillarità, questa, che nella nostra diocesi, nel biennio trascorso del Cammino sinodale, non è stata adeguatamente percorsa, come risulta anche dalla Sintesi pubblicata in settembre, essendosi privilegiati incontri, cicli di conferenze, gruppi di lavoro specifici, indagini statistiche o altro.

Interessa qui  in particolare prendere in considerazione, per la formazione degli adulti, l’argomento individuato come prioritario a Modena e Carpi, e cioè  i “Gruppi del Vangelo nelle case”.  Questi vengono considerati, al di là di iniziative diocesane per un loro sostegno efficace, particolarmente idonei a favorire, per la “forma domestica” che assumono, il confronto sinodale (lettura della Parola di Dio, risonanza, ripresa comune). Infatti, si rimarca: “l’ambientazione della casa crea uno stile di accoglienza e confidenza”, facilita la partecipazione anche di adulti che difficilmente sarebbero disponibili per riunioni in parrocchia.

Tutto vero e sacrosanto, e alcune esperienze in proposito lo confermano, ma con un limite evidente. Quanti sono in realtà gli adulti, per riferirsi anche solo ai “praticanti”, che già partecipano o  facilmente coinvolgibili secondo tale formula in futuro? Un numero esiguo, assai ridotto rispetto a quanti prendono parte, più o meno regolarmente, alla liturgia domenicale. Ora è vero che nello scorso anno pastorale, uno degli argomenti proposti per l’approfondimento riguardava l’omelia, ma nella Sintesi non si è dato alcun conto di quanti, e con quali propositivi esiti, si siano occupati di questo cruciale tema. Che dunque quantitativamente la formula indicata rischia di risultare scarsamente incisiva, è dimostrato da almeno due elementi oggettivi. In primo luogo, mentre per gruppi minoritari di fedeli l’iter di crescita nella fede si compie nell’ambito associativo di elezione, per la gran parte dei praticanti  di fatto la messa settimanale, con tutte le caratteristiche che il Concilio ha descritto e prescritto nella Costituzione sulla liturgia, è l’UNICA occasione formativa. E possiamo interrogarci: per quale motivo papa Francesco, proprio per la sua saggezza ed esperienza pastorale, ha dedicato ben 24 paragrafi dell’Evangelii Gaudium all’omelia e alla preparazione alla predicazione? Ora, a dieci anni di distanza da quell’Esortazione Apostolica, si può sostenere che si siano verificati, su larga scala,percepibili miglioramenti nella prassi corrente?

 Aldilà di altri pur importanti ambiti su cui sinodalmente discernere, può dunque giovare in modo speciale una rinnovata riflessione sui quel passo della Sacrosanctum Concilium che recita: “Dalla liturgia e particolarmente dall’EUCARISTIA deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la MASSIMA EFFICACIA quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa”.

 Omelia magari inadeguata a parte, anche una lettura dei testi balbettante e scarsamente percepibile dai fedeli;  una moltiplicazione dei canti talora  caratterizzati più dal frastuono che dalla capacità di coinvolgere davvero tutti e di elevare lo spirito;  una consacrazione del pane e del vino espressa burocraticamente e che non sa contagiare misticamente il cuore dei fedeli; una comunione senza una pausa silenzio che agevoli il raccoglimento, possono, più di quanto si creda, ridurre o addirittura azzerare l’efficacia formativa della messa. Cioè dell’UNICA occasione per i più. Che, fra l’altro, non è stato necessario invitare, ma sono venuti  (finché accadrà) per loro scelta.

Sarebbe grave omissione sprecare questa preziosa opportunità educativa, come può analogamente purtroppo accadere nella scuola per una gestione non  abbastanza curata dell’istituzionale “ora di religione” (finché ci sarà), scelta da tanti studenti. Ma questo è un altro discorso, colpevolmente spesso non affrontato con la dovuta attenzione.

Pier Giuseppe Levoni