La nostra diocesi alla prova
Difficile, rischioso, ma negli auspici fecondo: così appare, ad una lucida analisi, l’impegno cui si accinge già nei prossimi mesi la nostra comunità ecclesiale. L’itinerario proposto dalla Conferenza Episcopale Italiana, per un anno modulato su quello del Sinodo Generale dei vescovi del 2023, mira ad ascoltare il Popolo di Dio sulle modalità per rendere veramente sinodale la Chiesa, vissuta cioè sotto il triplice segno della comunione, della partecipazione, della missione.
Impresa difficile per diverse ragioni, anzitutto sul piano del metodo, dello stile dell’essere Chiesa qui, nel nostro ambito diocesano. Quando si invita ad ascoltare, ci si inoltra su un terreno non abituale, dove non c’è più qualcuno che parla, spiega, insegna, trasmette qualcosa che lui sa. Ora si tratta di andare in senso contrario, di raccogliere e registrare sensazioni, esperienze, valutazioni, auspici. Dove? Coinvolgendo chi? Creando, si esorta, gruppi sinodali informali (vicini, amici, colleghi di lavoro, persone impegnate sul piano culturale, sociale politico); coinvolgendo i Consigli Pastorali parrocchiali e diocesani, le associazioni e movimenti ecclesiali.
In procedure di questo tipo, come garantire che la mobilitazione sia realmente capillare, condizione ineludibile affinché la consultazione riguardi il Popolo di Dio, e non qualcuno o i soliti già “impegnati”? Senza ignorare che questa “novità” deve convivere con le consuete attività, incontri, iniziative delle singole realtà e deve stimolare una partecipazione convinta e consapevole della non banale posta in gioco.
La difficoltà a tal proposito riguarda anche i contenuti. La “Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà” dei nostri vescovi indica la meta: “Una nuova società e una Chiesa rinnovata”, e chiede: “Una Chiesa rinnovata per una nuova società. Ci Stai?”. Non sono certo tematiche semplici. Implicano una conoscenza non superficiale del complesso e confuso mondo in cui siamo immersi, con le sue contraddizioni, le sue dinamiche, le sue legittime aspirazioni in drammatico conflitto con la durezza della realtà, che non ammette scorciatoie e semplificazioni.
Non meno complicato l’orizzonte di un “rinnovamento” della Chiesa, reso del resto indispensabile dal cambio d’epoca di cui ci rende avvertiti papa Francesco. Troppo facile cavarsela citando il monito di un grande della musica: conserviamo della tradizione il fuoco, non le ceneri. Chi può discernere, con sicurezza nella bimillenaria vicenda del cattolicesimo, oggi attraversato dall’emergere di scandali, da profonde divisioni e dallo smarrimento del gregge, quali elementi siano ancora viva brace e quali soltanto inerte polvere? Al di là delle suggestioni di questo o quel teologo, la concreta risposta, i radicali cambiamenti potranno semmai venire dal Sinodo dei Vescovi fra due anni, o forse solo da un futuro Concilio.
Su questioni così ardue e delicate non appare dunque semplice raccogliere in ambito locale e soprattutto sintetizzare concrete ed utili indicazioni. Da sempre infatti in gran parte del tessuto ecclesiale di base i problemi del presente della Chiesa e del suo futuro trovano scarsissimo approfondimento, rispetto ad altri pur meritori interessi ed impegni: devozioni, riflessioni sulla Parola, servizio di carità materiale e spirituale.
Ecco perché è bene prendere consapevolezza del rischio che comporta l’intraprendere il percorso sinodale cui siamo chiamati, nutrendo in primo luogo aspettative sulla qualità di quanto emergerà dall’ascolto; più opportuno accingersi ad apprezzare la possibile, progressiva, preziosa acquisizione di un modo nuovo di vivere la comunione e la partecipazione ecclesiale in proiezione finalmente missionaria.
E’ legittimo infine attendersi che su tutto il percorso dei prossimi mesi si sappia raccogliere e pubblicare la più ampia e trasparente documentazione. La Relazione-Sintesi, che dovrà essere trasmessa alla CEI, può costituire, anzitutto per la comunità diocesana, un materiale utile per capire e riflettere magari sulle criticità e i limiti, ma, vogliamo sperare, anche sulla vitalità e sulle potenziali prospettive della nostra Chiesa locale. Solo in tal modo potrà emergere la fecondità dell’impegno profuso nel percorso medesimo.
Un’avvertenza: sarà saggio vivere anche questa stimolante esperienza senza attardarsi in anacronistici richiami da campanile, per continuare piuttosto senza timidezza nella sempre più proficua integrazione delle due diocesi, in un’ottica di razionale e pastoralmente ispirato impiego delle risorse umane e strutturali disponibili.
Pier Giuseppe Levoni