(al Vallauri e al Meucci-Cattaneo, scuole carpigiane, coltivando la qualità della comunicazione)
“Siamo poco connessi…Si vive sempre in ascolto reciproco o non è vita….Siamo troppo frammentati, sparpagliati…” Diceva la mamma [quella con la quale terminava l’ultimo articolo]. Contava di continuare ad interessarsi alla figlia a dialogare con gli insegnanti anche se “Elena era ormai grande”. Pensava che, nelle relazioni e negli affetti, il tempo muta il tipo di approccio all’altro, non la volontà di ascoltare e dar risposte considerando i mutamenti di ciascuno in una adeguata prossimità.
In effetti “connessi” attraverso le nostre protesi della comunicazione lo siamo, mediamente, molto.
C’è chi dice: troppo! Chiedendosi come e con chi avvenga la “connessione”. Dove e che cosa pesco quando mi lascio trasportare dal mezzo [ smartphone, computer, tivù…]. Importante quindi mantenere l’incontro faccia a faccia con l’altro,… poi si possono anche usare le protesi, in attesa del prossimo faccia a faccia.
A scuola, da settembre, dopo un incontro coi gruppi-classe dei ragazzi di prima, è il momento dell’ incontro personale col singolo studente. Per i nuovi ragazzi, di prima o di altre classi.Si tratta di colloqui educativi per mettere le basi di una conoscenza che possa promuovere fiducia e attivare, nel rispetto dei ruoli, una comunicazione utile per star bene a scuola e….non solo, anche in famiglia e nel territorio. Il dialogo, se necessario e utile, puo’ continuare, nel tempo, in seconda, terza, quarta e quinta.
Alla fine del primo colloquio il ragazzo mette, in calce, una considerazione: il suo consiglio.
“ Si deve continuare – mi dice Giulia e lo scrive sulla sua scheda a piè di pagina- perchè con queste domande fatte a 15 anni, ci si puo’ interrogare. Poi confrontarsi tra mesi e anni con gli stessi quesiti. Così capiamo come eravamo e come siamo ora. Ed è molto importante capirlo.”
Giulia è contenta di essere interpellata su che cosa sia più importante per lei nella vita, sul suo quotidiano, sul presente e sulle prospettive future, sui primi incontri a scuola e sulle aspettative…..e aggiunge: “E’ come guardarsi allo specchio…Noi ragazzi, fra di noi, non lo facciamo mai…”
Dopo Giulia di prima arriva Giacomo di quinta. E’ una soddisfazione ed una occasione ripescare le sue risposte nel tempo. La cosa più importante nella vita. In prima: i soldi. In seconda: le ragazze. In quarta: la famiglia. Ed ora in quinta? “ Il lavoro….prof, il lavoro!” Capisco la sua preoccupazione, ma lo invito a considerare che, quasi tutti i ragazzi di Meccanica hanno trovato occupazione, spesso attinente al percorso formativo.
Ora siamo agli inizi della scuola. Noi operatori poniamo attenzione consapevoli che i ragazzi sono come la cartina di tornasole del cambiamento sociale. Vivono in prima persona il cambiamento come esperienza nuova, inedita.
Sta a noi cogliere il messaggio per potere fornire utile e adeguata risposta, senza dare nulla per scontato.
Raffaele Facci