Sinodo CEI alla fase profetica
Il nostro Vescovo, ricoprendo un ruolo strategico nell’attuazione del cammino sinodale CEI, ha svolto di recente la Relazione di apertura dell’Assemblea nazionale. Si tratta di un contributo importante perché, dopo aver richiamato le due tappe percorse dalla Chiesa italiana ( narrativa e sapienziale) nello scorso triennio, traccia le prospettive della fase profetica da vivere nei prossimi mesi.
Impossibile qui riassumere il testo lungo e denso di riflessioni chiare ed articolate, il cui centro si colloca nell’indicazione dell’esigenza di una triplice conversione : COMUNITARIA (nel segno di una cultura che esprima con linguaggi comprensibili le innumerevoli esperienze evangeliche vissute nella nostra realtà ecclesiale); PERSONALE (dalla formazione alla lectio divina, dall’accompagnamento spirituale agli itinerari teologici articolati); STRUTTURALE (corresponsabilità, rilancio dei ministeri ecclesiali e degli organismi di partecipazione, valorizzazione dell’apporto delle donne nei ruoli di guida, riforma delle curie, gestione delle strutture materiali e amministrative) . Elementi questi che richiamano formule analoghe del “Documento finale” del Sinodo dei Vescovi, concluso in Vaticano ad ottobre, assunto da papa Francesco affinché “possa ispirare la vita della Chiesa” in tutto il mondo.
Mi soffermo dunque soltanto su due passaggi, che operativamente mi paiono particolarmente rilevanti e al contempo problematici. Leggiamo anzitutto nella Relazione di don Erio: “ Abbiamo scelto di evitare una restrizione progressiva delle competenze, come se al primo biennio aperto a tutti – in quanto la narrazione è alla portata di ciascuno – dovesse seguire un anno sapienziale riservato a una cerchia di esperti (teologi e persone competenti) e infine un anno profetico ristretto a chi doveva prendere le decisioni ultime. Abbiamo invece optato per lasciare sempre aperta a tutto (corsivo mio) il Popolo di Dio, nell’ampiezza delle sue componenti, la possibilità di intervenire e di esercitare il “senso della fede” proprio dell’intera famiglia dei battezzati”. E ancora: “Ogni Chiesa locale è invitata ad attivare attraverso lo Strumento di lavoro che uscirà da questa Assemblea la partecipazione di tutti”, attraverso le opportune forme procedurali.
Su queste affermazioni ci preme sottolineare, con parresia evangelica, che, dagli stringati resoconti pubblicati, nella nostra diocesi lo scorso triennio non sono stati coinvolti certo tutti i membri del Popolo di Dio, giacché parrocchie ed associazioni non si sono affatto mobilitate sul tema sinodo, ma il percorso si è risolto attraverso incontri, laboratori, convegni e cantieri promossi dal vertice, cui ha preso parte una percentuale modesta di fedeli.
Vista la contingente nostra condizione di diocesi in via di estinzione, con successiva unificata risurrezione, nonché del silenzio in materia nell’ultima Lettera Pastorale del Vescovo, sorge una domanda: in quest’ultimo tratto del cammino sinodale italiano, saranno mobilitate anche in sede locale l’attenzione e la riflessione della base sulle tematiche emerse fin qui, anche attraverso la proposta delle Schede operative già disponibili, impegnando non solo gli organismi partecipativi diocesani, ma a parrocchie, associazioni , movimenti e docenti di Religione? Don Erio ha infatti esortato nell’Assemblea di Roma: “ Ora tocca a noi (cioè vescovi e delegati diocesani convenuti. NdR), nei prossimi mesi, adattare e tradurre gli orientamenti sinodali nella nostra situazione, nelle Chiese locali”.
In attesa di chiarimenti in merito, Notizie potrebbe sicuramente svolgere un ruolo importante, non tanto in chiave meramente informativa, ma a scopo propulsivo a livello locale, ad esempio con una pagina non sporadica appositamente dedicata, sia per far conoscere ai lettori il “Documento Finale” del Sinodo dei Vescovi, che rischia di restare ignoto ai più, sia per illustrare con puntualità e completezza i dati sul reale coinvolgimento, se ci sarà, della comunità ecclesiale carpigiano-mirandolese nella fase profetica prevista per quest’anno dallo schema CEI.
Un secondo tema, non più di metodo ma di sostanza, toccato dal nostro Vescovo, concerne ancora una volta le sfide che il cattolicesimo è costretto ad affrontare poiché “i valori” un tempo “condivisi” dalla Chiesa e dal contesto sociale “si sono sgretolati”. Vale la pena chiedersi: che cosa si è sgretolato? I valori che la Chiesa proponeva o piuttosto la loro condivisione da parte della società? La domanda non è di poco conto, anche perché con il termine “valori” si possono intendere, se si resta al vocabolo, sia talune particolari indicazioni etiche, in passato enfatizzate con eccessiva rigidità, e quindi oggi superabili, sia i cardini di una certa concezione dell’uomo, del cosmo e della storia, basata per la Chiesa, come ha ricordato don Erio, sul “Vangelo e la viva Tradizione”. In altri termini, per essere chiari, non su ambiguità e letture parziali e selezionate ad libitum delle Scritture, ma sul complessivo ed organico insegnamento del Magistero.
Il problema quindi è di declinare, in questo cambio d’epoca, “quello che del Cristianesimo fa la differenza, nella cultura in cui esso è chiamato a vivere”, per cui, ha osservato il Vescovo, “la dimensione culturale è essenziale perché un’esperienza buona possa diffondersi ed arricchire il mondo”. Una dimensione, occorre ammetterlo, troppo trascurata in questi ultimi anni, senza la quale, a ben vedere, parole d’ordine come ascolto, accoglienza, ospitalità, cura delle relazioni, rischiano di essere non profetiche, ma solo orizzontali, asfittiche e quindi concretamente inefficaci, nell’ impegno missionario cui il cattolicesimo è chiamato oggi.
Un impegno che ha il suo fulcro nel rendere ragione della nostra fede, cioè, come afferma il Documento Finale del Sinodo dei Vescovi, nel “testimoniare al mondo l’evento decisivo della storia: la risurrezione di Gesù”. (n 14)
Pier Giuseppe Levoni