Gruppi sinodali alla prova
Che anche in Italia la Chiesa Cattolica viva una stagione difficile, pur fra raggi di luce da non trascurare, è comprovato da ripetuti studi e qualificate ricerche, e ora inequivocabilmente dall’impegno di ripensarsi attraverso il percorso sinodale avviato in queste settimane. Se non si prende coscienza di questa crisi, se non si parte da un’impietosa analisi della realtà e soprattutto del futuro che si prospetta, si rischia di scadere nel vaniloquio.
Molto opportunamente il Team Snodale Diocesano ha proposto ai Gruppi che si stanno costituendo a livello territoriale, associativo o di ambiente, alcune domande specifiche per la Diocesi di Carpi.. Si tratta di quattro tematiche, delle quali solo l’ultima in verità può provocare qualche risposta localmente significativa.
Se si affrontano argomenti come il rapporto fede-comunità umana, la formazione alla fede, il dialogo con le altre culture, i ministeri istituiti e di fatto, il ruolo della donna e del laicato, la specificità del presbitero, ci si inoltra su un terreno che concerne l’intera cattolicità, e quindi in definitiva l’ambito decisionale dei vertici della Chiesa: un Sinodo, un Concilio, il magistero del Papa.
Certo il confrontarsi seriamente su tali “nodi” di fondo, evitando banalità, fughe in avanti velleitarie o, peggio, sterili contrapposizioni, agevolerà la crescita del sensus fidei, potrà incoraggiare qualche sperimentazione e fornirà elementi di valutazione ai livelli superiori, ove in sostanza dovranno essere deliberate le riforme da apportare. Quindi sarà un utile esercizio di discernimento comunitario, che vale la pena percorrere, nonostante il rischio di indurre qualche ulteriore smarrimento del gregge.
Ma veniamo alla quarta tematica proposta, articolata come segue: “Quale organizzazione territoriale pensare e come prepararsi a viverla? –zone pastorali e valorizzazione delle piccole comunità – strutture parrocchiali e diocesane (chiese, canoniche, oratori, scuole) – ristrutturazioni post-sisma e ordinarie (problematiche economiche).”
Su questo terreno “di casa nostra” è fondamentale che si parta da un’analisi rigorosa dell’attuale situazione, avendo attenzione ai non pochi aspetti positivi, comunque da non enfatizzare con ottimismi fuori tempo massimo, ma soprattutto alle criticità. Questo, a ben vedere, è lo scopo vero del cammino sinodale . Come ammonisce papa Francesco, è il momento di abbandonare la logica del “si è sempre fatto così”, perché in pochi decenni il quadro socio-culturale, la sensibilità e la pratica religiosa hanno subito un cambiamento radicale.
Quali le concrete questioni cruciali in questo ambito “nostrano”? Anzitutto appare inevitabile chiedersi: sarà razionale e produttivo il perpetuarsi a lungo di una situazione ibrida della diocesi, sospesa fra autonomia e fusione con Modena? La formula giuridica dell’unità “nella persona del Vescovo” può aver senso come formula “tipica”o solo come fase transitorio-preparatoria di un esito compiuto? In tal caso operiamo per favorire questo processo o continuiamo a viaggiare guardando nello specchietto retrovisore?
Quale riflessione suggerisce poi il constatare che, su 38 parrocchie, ben 22 sono rette da presbiteri provenienti da altre nazioni? Questa realtà ci induce qualche interrogativo o comunque ci appaga il fatto che, per ora, i servizi pastorali ci sono garantiti? Può reggere a lungo lo schema territoriale tradizionale, disegnato su entità di modeste dimensioni o le “zone pastorali” costituiranno le “parrocchie” del futuro? Se sì, volendo non perdere il valore ecclesiale dell’attuale capillarità territoriale ma disponendo sempre meno di presbiteri, come prepararsi a mobilitare e corresponsabilizzare i laici nella pastorale delle piccole comunità?
Il nostro don Erio ha più volte posto il tema delle “strutture” immobiliari, spesso fonte di preoccupazioni e di difficoltà, auspicando che la loro gestione, da declinare in chiave strettamente pastorale, non finisca per gravare indebitamente sui presbiteri, a scapito della loro specifica missione evangelizzatrice. Con quale prospettiva si può affrontare concretamente questo problema? E ancora, come garantire la più ampia “trasparenza” economica, ad ogni livello della comunità diocesana? E’ possibile motivare alla partecipazione, evitando di pubblicare bilanci con voci talmente generali e generiche da non chiarire affatto come vengono distintamente impiegate le risorse?
Pur non rientrando nel Questionario diocesano proposto ai Gruppi Sinodali, il tema della comunicazione, nella comunità ecclesiale e ad extra, merita attenzione, viste anche le nuove metodiche messe in campo durante la pandemia. Come rendere sempre più fecondo il ruolo “formativo” del settimanale e dei “foglietti” parrocchiali, specie attraverso il coinvolgimento attivo dei lettori? Quali potenzialità può attivare un sempre più puntuale e ricco utilizzo del sito web diocesano, attraverso le dirette streaming e la messa a disposizione di registrazioni youtube, che consentirebbero una vasta partecipazione di utenti ad eventi e agli stessi incontri del Laboratorio Teologico? Come formare ed attivare laici soprattutto giovani affinché parrocchie e zone pastorali possano integrare le comunicazioni e gli incontri “in presenza” con le modalità “a distanza”oggi consentite?
L’auspicio è che questa occasione preziosa di discernimento comunitario venga accolta con convinzione e resa fertile con il più largo impegno.
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