La fede cristiana non annulla le esigenze più profonde dell’uomo, ma le rafforza, rendendole atte a permettere la comunione con quel Dio che è Amore, attraverso le virtù teologali della fede, della speranza e della carità, qui sulla terra, e con la visione beatifica, in cielo.
Per questo, la Chiesa, nella sua opera di evangelizzazione, a tutti i livelli, non impone la fede, ma nel rispetto pieno delle coscienze la propone, facendo comprendere che essa dischiude il vero bene dell’uomo. Anche qando la Chiesa denuncia e condanna, non lo fa per sovrapporsi alla libertà delle persone, ma per indicare gli inganni in cui l’uomo cade e i danni che egli fa a sé stesso. Nell’enciclica Lumen fidei, Papa Francesco scive: “Essendo la verità di un amore, la fede non è verità che s’imponga con la violenza, non è verità che schiaccia il singolo. Nascendo dall’amore può arrivare al cuore, al centro personale di ogni uomo. Risulta chiaro così che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti” (n.34).
La chiesa è contraria a qualsiasi forma di fondamentalismo. A questo riguardo, ci illuminano le parole del card. Jorge Bergoglio, di alcuni anni fa. “Non si può mai supplire alla decisione dell’altro. Il sacerdote che si attribuisce un compito esclusivamente “dirigista”, come nei gruppi fondamentalisti, annulla e castra le persone nella loro ricerca di Dio. Il sacerdote, nel suo ruolo di maestro, insegna, propone la verità rivelata e accompagna. Anche se deve assistere a fallimenti, accompagna. Il maestro che si arroga il diritto di prendere decisioni per il discepolo non è un buon sacerdote; è un buon dittatore, perché annulla le personalità religiose degli altri” (Card. Jorge Bergoglio: Il cielo e la terra, Ed. Mondadori, 2013, p.70).
Anche in questo, la Chiesa e il cristiano devono seguire Gesù. Come ha detto Papa Francesco, “Gesù, nella sua esistenza terrena, non era, per così dire, “telecomandato”: era il Verbo incarnato, il Figlio di Dio fatto uomo, e a un certo punto ha preso la ferma decisione di salire a Gerusalemme per l’ultima volta; una decisione presa nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con Lui! Ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volontà. E per questo la decisione era ferma, perché presa insieme con il Padre. E nel Padre Gesù trovava la forza e la luce per il suo cammino. E Gesù era libero, in quella decisione era libero. Gesù vuole noi cristiani liberi come Lui, con quella libertà che viene da questo dialogo con il Padre, da questo dialogo con Dio. Gesù non vuole né cristiani egoisti, che seguono il proprio io, non parlano con Dio; né cristiani deboli, cristiani, che non hanno volontà, cristiani «telecomandati», incapaci di creatività”. (Angelus del 30 giugno 2013)
Il grande pensatore cristiano, Romano Guardini, che qualcuno ha definito un Padre della Chiesa del XX secolo, diceva che “l’unico sacrificio che non si può mai chiedere all’uomo è il sacrificio della libertà”. Nel suo discorso commemorativo del sacrificio dei giovani della Rosa Bianca, riferendosi alle vittime del nazismo, diceva: “Di questa mancanza di libertà l’ordinamento stata le totalitario costituisce l’espressione più evidente. Ma non possiamo farci delle illusioni: anche quelle forme di vita, che per loro essenza si fondano sulla libertà, minacciano sempre più di essere caratterizzate dall’appiattimento della personalità. Diciamolo con uno slogan: c’è un totalitarismo che viene dall’alto, ma c’è anche un totalitarismo che viene dal di dentro. Chi guarda attentamente, scopre nella vita delle democrazie, così apparentemente libera, i sintomi più preoccupanti di una coercizione indiretta che si esercita attraverso l’apparato della cultura tecnologica. Si potrebbero citare, a questo proposito, fenomeni più ampi quali l’azione uniformatrice dei metodi tecnici, l’ethos della formazione dei gruppi, lo sviluppo della burocrazia, l’influsso dell’opinione pubblica, e così via; ma voglio richiamare soltanto un singolo aspetto, che mi pare però particolarmente illuminante: la manipolazione, studiata scientificamente, dell’inconscio dell’uomo, da parte dell’economia. L’economia studia i modi in cui gli stimoli della pubblicità, apparentemente inavvertiti, vengono interiorizzati nelle motivazioni dell’individuo e sviluppa i risultati di queste ricerche in una tecnica di influssi costanti, non avvertiti dallo stesso interessato. Chi è in grado di comprendere la natura di questi sintomi, sa che cosa sta accadendo” (Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, 1994, p.56-57)
Guardini diceva questo negli anni ’60. La verità di queste parole, oggi, è ancora più evidente. Oggi, ancor più che allora, è importante la sua esortazione. “È tempo – prima che sia troppo tardi – di comprendere il senso nascosto di quel grido profetico (il grido “Viva la libertà!” che ha accompagnato l’ultimo respiro dei giovani condannati, n.d.r.) e di proclamare la lotta per la libertà anche su questo fronte. Questa lotta non è fatta di azioni esteriori, dal momento che il nemico proviene dall’interno dell’uomo, di quell’uomo contemporaneo che noi tutti siamo. Certo anche le misure esteriori sono importanti (…), ma i veri cambiamenti possono accadere soltanto a partire dall’interiorità, e non sarà cosa di poco conto il realizzarli. Non sarà facile riconoscere che qui si gioca il destino dell’uomo: se egli resta signore delle proprie opere, oppure il loro funzionario”. “L’uomo, dunque, deve situarsi in se stesso. Deve crearsi lo spazio della riservatezza personale e deve preservarlo dall’invadenza della sfera pubblica. Deve tornare a riconoscere come sacri i legami umani originari e li deve custodire. Deve essere deciso a non sottostare a ciò che si fa, a ciò che si deve avere e a ciò che si deve vedere. Deve costruire dentro di sé una barriera contro i flutti dei condizionamenti sociali che giungono attraverso la pubblicità, le notizie, la radio, e tutto il resto. E – cosa da non dimenticare – deve liberare la propria vita spirituale da quel narcotico con cui addormentano la loro coscienza tutti coloro che non vogliono analizzare a fondo nessun problema con lo spirito di una corretta critica culturale: il narcotico della fede nel progresso universale” (Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, 1994, p.56-57).
E’ ciò che Papa Francesco chiede a tutti i cristiani: dobbiamo riprendere il pieno possesso di noi stessi, ciò che è possibile soltanto nel dialogo intimo con Dio. E’ necessario creare in noi quelle difese che rendono inefficace l’azione dei telecomandi esterni che vorrebbero teleguidarci.
Tommaso Cavazzuti