L’astenia culturale nuoce alla pastorale
“Fino a una quindicina di anni fa una parte consistente degli acquisti riguardava le opere fondamentali che andavano a formare la biblioteca di ciascun sacerdote. Attualmente invece si viene più che altro per rifornirsi dei sussidi che non si riesce a produrre in parrocchia. La vera emergenza, a mio avviso , è di natura culturale ed ecclesiale.” Queste le parole della direttrice delle Edizioni Paoline all’ultimo Salone del Libro di Torino. Per parte sua il responsabile editoriale dell’Università Cattolica aggiungeva: “L’arretramento del pubblico dei lettori cattolici rappresenta un allarme che non può essere ignorato, e al quale mi sembra corrispondere una scarsa capacità di elaborazione culturale da parte del cattolicesimo italiano.”
Si tratta di valutazioni serie che in questi ultimi tempi, dopo la chiusura per fallimento del prestigioso Centro Editoriale Dehoniano, hanno trovato nuova conferma in articoli e saggi sulla crisi che ha visto la fine in Italia di tante librerie cattoliche e il ridimensionamento delle pubblicazioni della medesima ispirazione. Le ragioni di questa grave situazione sono di natura diversa, a partire dal fenomeno generale della secolarizzazione, con il calo dei praticanti,la crisi delle vocazioni presbiterali e religiose, il ridimensionamento dell’associazionismo cattolico degli adulti. Ma indubbiamente ha giocato in modo rilevante negli ultimi anni una scelta pastorale che ha puntato soprattutto su due direttrici, ciascuna delle quali non priva di un’interna palese contraddizione.
La prima invita a prendere atto realisticamente che ormai la presenza cattolica è minoritaria ed è inutile cercare di far leva sulle “strutture” o di occupare “spazi” per l’evangelizzazione. Occorre , si dice, piuttosto “recuperare l’essenziale, annunciando il vangelo attraverso la relazione con le persone, non rimarcando i valori irrinunciabili ma testimoniando la bellezza della fede”. L’accento è così posto sullo stile del rapporto, lasciando in sott’ordine i contenuti su cui riflettere per poi proporre. In un’ottica di questo tipo diventa poco credibile l’appello a sostenere il ruolo della stampa, dell’editoria e dei più moderni media cattolici . Sarebbe più coerente accettare con rassegnazione il loro vivacchiare o il loro inesorabile spegnersi.
La seconda direttrice privilegia ogni impegno di carità “materiale” al prossimo, cui destinare le risorse disponibili, sottovalutando le esigenze intellettuali e culturali nel dialogo con le persone, come un superfluo , quasi un lusso. L’indifferenza o la chiusura al trascendente di tanti fratelli rappresentano una povertà non meno meritevole di cura evangelica. E per chi crede, chierici e laici, è di grande rilevanza saper leggere i segni dei tempi e le problematiche relative al presente e al futuro del cattolicesimo.
Si comprende allora il recente appello-monito del direttore de “il Regno”: “La Chiesa non può non porsi il tema del presente e del futuro della cultura religiosa e di quella cristiana in particolare”. E rincara:”Ci troviamo di fronte ad un analfabetismo religioso; più ignoranti non significa più santi”.
Ci sovviene, in proposito, quanto fu generosa e illuminata nel 1975 la volontà di un gruppo di cattolici della nostra città di rilevare, costituendo un’apposita cooperativa, una storica libreria in Piazza Martiri, gestita poi direttamente per due decenni. Fu un luogo di incontro e di promozione di iniziative, avviato autonomamente da laici impegnati sul piano ecclesiale e sociale. Quella della libreria “IL PORTICO” resta l’esperienza significativa di una fase storica della nostra Chiesa locale e la testimonianza concreta di una sensibilità culturale, in seguito meno avvertita.
Certo non sono mancate attività ed eventi significativi in questa direzione, ma non si può dire che sia stato affrontato con la necessaria consapevolezza il preoccupante problema dell’analfabetismo religioso: Il fare troppo spesso ha limitato il pensare, propriomentre il “cambio d’epoca” modificava radicalmente idee e comportamenti . Occorre quindi ben di più di quanto fin qui meritoriamente si è operato in questo ambito.
Il Laboratorio Teologico diocesano ,proposte come Credi tu questo? e contributi mirati su Notizie sono sicuramente un’utile base di partenza; ma urge un investimento strategico, umano e materiale, più complessivo , organico e strutturato. Il percorso sinodale, che anche la nostra Diocesi sta intraprendendo,non potrà ignorare l’esigenza di alimentare “culturalmente” la pastorale dei prossimi anni. Questo significa da un lato coinvolgere capillarmente parrocchie e zone pastorali; dall’altro vincere ogni perniciosa autoreferenzialità delle diverse aggregazioni laicali.
Obbiettivo fondamentale è garantire una formazione e un permanente e reale aggiornamento a presbiteri e laici . La provvidenziale progressiva integrazione delle due diocesi apre, in questo ambito, prospettive promettenti, mobilitando competenze e strumenti da utilizzare con lungimiranza e sistematicità . Solo in tal modo la “minoranza” che siamo può diventare, come auspica il vescovo Erio, davvero “creativa”.
Pier Giuseppe Levoni