Le dittature più pericolose

Dittature

Ogni dittatura offende l’uomo perché lo priva del bene più prezioso e, per lui, più qualificante: la libertà. Possono esserci varie forme di dittatura; tra esse, le più pericolose sono quelle che minano la radice stessa della libertà, ossia la coscienza (ciò che ci distingue in quanto persone umane). Desidero indicarne alcune.

Anzitutto, il fondamentalismo religioso. Si tratta dell’imposizione di una fede, fondata su una presunta rivelazione divina, interpretata univocamente da un’autorità che si autoproclama sola interprete legittima. Il fondamentalismo priva l’uomo del diritto e dovere di pensare con la propria mente. È un fenomeno che non risparmia nessuna religione. Si verifica soprattutto quando ci sono persone o gruppi che usano la fede della gente per difendere posizioni di potere.

La chiesa cattolica è contraria a qualsiasi forma di fondamentalismo. A questo riguardo, ci illuminano le parole del card. Jorge Bergoglio negli anni in cui era a Buenos Aires: “Non si può mai supplire alla decisione dell’altro. Il sacerdote che si attribuisce un compito esclusivamente “dirigista”, come nei gruppi fondamentalisti, annulla e castra le persone nella loro ricerca di Dio. Il sacerdote, nel suo ruolo di maestro, insegna, propone la verità rivelata e accompagna. Anche se deve assistere a fallimenti, accompagna. Il maestro che si arroga il diritto di prendere decisioni per il discepolo non è un buon sacerdote; è un buon dittatore, perché annulla le personalità religiose degli altri” (Card. Jorge Bergoglio: Il cielo e la terra, Ed. Mondadori, 2013, p.70).

Questa forma di dittatura, come lascia intendere chiaramente il card. Bergoglio, può verificarsi non solo nell’ambito di uno Stato, ma anche in ambiti più ristretti, come quelli di una diocesi o di una parrocchia. Può verificarsi, e si verifica di fatto, quando si è indotti ad attribuire a un’autorità un valore indiscutibile. Dimenticando quel principio, difeso da san Tommaso, secondo cui l’argomento di autorità è il più debole degli argomenti. In questo senso, è necessario che in ogni comunità ecclesiale ci siano sempre spazi aperti per il dialogo e il confronto. Il settimanale “Notizie” dovrebbe essere uno di questi. Per cominciare, potrebbe reintrodurre quello che anni fa si chiamava “Giornale aperto”.

In secondo luogo, c’è la dittatura delle ideologie. Si tratta di imporre, spesso in modo subliminale, un modo di pensare, un modo di vedere o immaginare la realtà e, indirettamente, un modo di comportarsi, consoni agli interessi di chi sta al potere o aspira a dominare. Questa forma di dittatura prospera anche nelle democrazie moderne e trova campo fertile nell’ignoranza delle persone, nell’incapacità di discernere, nel disinteresse per la politica, in una spiritualità ridotta alla dimensione puramente interiore. I maggiori cultori delle ideologie sono spesso la scuola, i media, i così detti intellettuali organici, quasi sempre guidati subliminalmente dagli interessi del “mercato”.

Questa forma di dittatura non è molto diversa da quella di cui parlava Romano Guardini riferendosi alle vittime del nazismo. In un discorso famoso disse: “Della mancanza di libertà l’ordinamento statale totalitario costituisce l’espressione più evidente. Ma non possiamo farci delle illusioni: anche quelle forme di vita, che per loro essenza si fondano sulla libertà, minacciano sempre più di essere caratterizzate dall’appiattimento della personalità. Diciamolo con uno slogan: c’è un totalitarismo che viene dall’alto, ma c’è anche un totalitarismo che viene dal di dentro. Chi guarda attentamente, scopre nella vita delle democrazie, così apparentemente libere, i sintomi più preoccupanti di una coercizione indiretta che si esercita attraverso l’apparato della cultura tecnologica. (…) Voglio richiamare soltanto un singolo aspetto, che mi pare però particolarmente illuminante: la manipolazione, studiata scientificamente, dell’inconscio dell’uomo, da parte dell’economia. L’economia studia i modi in cui gli stimoli della pubblicità, apparentemente inavvertiti, vengono interiorizzati nelle motivazioni dell’individuo e sviluppa i risultati di queste ricerche in una tecnica di influssi costanti, non avvertiti dallo stesso interessato. (Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, 1994, p.56-57)

Guardini diceva questo negli anni ’60. La verità di queste parole, oggi, è ancora più evidente. Oggi, ancor più che allora, è importante la sua esortazione. “È tempo – prima che sia troppo tardi – di comprendere il senso nascosto di quel grido profetico (il grido “Viva la libertà!” che ha accompagnato l’ultimo respiro dei giovani della Rosa Bianca) e di proclamare la lotta per la libertà anche su questo fronte. Questa lotta non è fatta di azioni esteriori, dal momento che il nemico proviene dall’interno dell’uomo, di quell’uomo contemporaneo che noi tutti siamo. Certo, anche le misure esteriori sono importanti (…), ma i veri cambiamenti possono accadere soltanto a partire dall’interiorità, e non sarà cosa di poco conto il realizzarli – non sarà facile riconoscere che qui si gioca il destino dell’uomo: se egli resta signore delle proprie opere, oppure il loro funzionario”. “L’uomo deve situarsi in se stesso. Deve crearsi lo spazio della riservatezza personale e deve preservarlo dall’invadenza della sfera pubblica. Deve tornare a riconoscere come sacri i legami umani originari e li deve custodire. Deve essere deciso a non sottostare a ciò che «si» fa, a ciò che «si» deve avere e a ciò che “si” deve vedere. Deve costruire dentro di sé una barriera contro i flutti dei condizionamenti sociali che giungono attraverso la pubblicità, le notizie, la radio, e tutto il resto.  E – cosa da non dimenticare – deve liberare la propria vita spirituale da quel narcotico con cui addormentano la loro coscienza tutti coloro che non vogliono analizzare a fondo nessun problema con lo spirito di una corretta critica culturale: il narcotico della fede nel progresso universale” (Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, 1994, p.56-57).

Tommaso Cavazzuti