LAUDATO SI’, MI’ SIGNORE, PER SORA NOSTRA MODENA

LAUDATO SI’, MI’ SIGNORE, PER SORA NOSTRA MODENA

Che cosa sanno i carpigiano-mirandolesi dell’Arcidiocesi metropolitana di Modena-Nonantola che, ora unita a Carpi in persona episcopi, cesserà di esistere giuridicamemente (ma non sostanzialmente), quando nascerà una “realtà nuova”, con la fusione definitiva delle due  entità ecclesiastiche? Di fiuto, che è più prestigiosa ed estesa della nostra, magari più antica, con un duomo di gran pregio storico-artistico, e relativa  svettante Ghirlandèina; forse, che ha per patrono San Geminiano.  Probabilmente immaginano anche che abbia  problemi analoghi ai nostri. Stop.

Forniamo allora sinteticamente qualche dato. Il suo territorio scende dal crinale appenninico fin quasi al Po, con una superficie 5 volte più ampia rispetto alla nostra diocesi, e una popolazione di oltre mezzo milione di abitanti, cui provvedono pastoralmente 222 parrocchie. Nel 2021 poteva contare su 205 presbiteri, 45 religiosi, 231 religiose, 91 diaconi permanenti. Ancora due particolari significativi e una curiosità: nel confronto Carpi-Modena il numero di battezzati per presbitero è assai simile (1931-1952); dalle nostre parti la percentuale di battezzati sugli abitanti è più alta (88-78%); la cattedrale di entrambe le diocesi è dedicata a Santa Maria Assunta, anche se, per quella di Modena, si aggiunge San Geminiano, il patrono della città.

Quest’ultimo infatti, scelto come vescovo dai concittadini verso la fine del IV secolo, ebbe tale fama di santità e di potere sui demoni da essere persino convocato alla corte di Costantinopoli per guarire la figlia dell’imperatore Gioviano. Nel 390 partecipò al concilio dei vescovi dell’Italia settentrionale, presieduto da S. Ambrogio e si impegnò a fondo per contrastare l’eresia ariana.

Secondo la tradizione agiografica i modenesi lo venerano per aver protetto la città in due situazioni minacciose: l’assalto di Attila, sovrano degli Unni, nel 452, quando una fitta nebbia, calata sulla zona per intercessione del Santo, impedì al flagellum dei di individuare Modena nel suo viaggio dal Veneto verso Roma;  nel 1511 poi l’apparizione improvvisa di San Geminiano, come terrificante “glorioso vecchio”, al condottiero Carlo d’Amboise avrebbe bloccato l’assalto delle milizie francesi, che si dispersero, mentre il loro capo moriva di lì a pochi giorni a Correggio.

La traslazione e la ricognizione del corpo del Santo, nella cripta del magnifico duomo romanico,avvennero alla presenza dei papi Pasquale II nel 1106 e Lucio III nel 1184, gli stessi che in quegli anni sostarono a Carpi. Il 31 gennaio, festa patronale, vengono esposti nel sarcofago i suoi resti mortali, vestiti in abiti liturgici, per la venerazione e la preghiera dei fedeli, che ne invocano la protezione. In tale solenne circostanza l’arcivescovo Erio invia la sua Lettera alla Città.

Fra i personaggi del clero modenese che emersero lungo 17 secoli di storia, due si ricordano in particolare:  il vescovo Giovanni Gerolamo Morone,  creato cardinale, diplomatico del papa, che fu fra i protagonisti del Concilio di Trento e fondò il seminario diocesano;  ma soprattutto il sacerdote e celeberrimo storico Ludovico Antonio Muratori, autore della monumentale opera Rerum Italicarum Scriptores.

Aggregata plena unione alla diocesi di Modena nel 1986, ma di fatto già dal 1906, è l’ABBAZIA di NONANTOLA, fondata nell’VIII secolo dal longobardo Anselmo, cognato del re Astolfo, cui la tradizione attribuisce l’erezione, nella nostra zona, di quella pieve che poi diventerà la Sagra. Con l’arrivo delle spoglie dei papi San Silvestro e Adriano III, l’Abbazia benedettina vide aumentare la sua fama e la sua consistenza, al punto che intorno al IX secolo poteva contare un migliaio di monaci. Costituiva inoltre una sosta fondamentale per i pellegrini che, lungo la Via Romea Nonantolana, dal nord Europa scendevano per il Brennero verso il centro della cristianità

Passata nel 1514 ai Cistercensi , ebbe come “abati commendatari” quasi sempre dei cardinali, fra cui il futuro papa Giulio II e San Carlo Borromeo, che fondò il seminario abbaziale e celebrò il primo sinodo locale nel 1565. Per rendersi conto della sua valenza, basta ricordare che, sul finire del XVII secolo, il territorio di pertinenza giurisdizionale dell’Abbazia comprendeva più di 300 chiese, sparse in diverse diocesi, da Cremona ad Assisi, e persino una chiesa a Costantinopoli, senza contare terreni e castella  nel ravennate, nel milanese, in Piemonte e presso il lago di Garda.

Dopo la crisi e le spoliazioni subite in epoca napoleonica, il duca  Francesco IV ottenne nel 1820 da papa Pio VII  il suo affidamento “in commenda”, come Abbazia nullius, ai vescovi pro tempore di Modena, con una giurisdizione limitata ormai alle poche parrocchie limitrofe insistenti nel ducato. Oggi,assieme all’ imponente e suggestiva basilica concattedrale, intitolata al patrono del paese San Silvestro, merita una visita anche l’importante Museo Benedettino e Diocesano di Arte Sacra, nei locali dell’ex-monastero. Risistemato in modo encomiabile una ventina d’anni fa, contiene preziose testimonianze di una storia straordinaria, fra cui i codici dello scriptorium monastico, i reliquiari dei santi nonantolani e le pergamene dell’archivio abbaziale, due delle quali con sigillo di Carlo Magno e dell’imperatore Federico Barbarossa.

Il nostro don Erio, Arcivescovo-Abate di Modena-Nonantola, ha recentemente preannunciato la fusione, pardòn, la nascita della “nuova realtà”, che ci coinvolge, probabilmente entro la fine del 2025. Se così sarà, si dovrà gratitudine a quanti  stanno operando per condurre a termine la complessa operazione, nello spirito di quella Chiesa semper reformanda, capace di affrontare le  difficili sfide di questo cambio d’epoca. La SPERANZA, virtù teologale connotante il vicino Giubileo,   accompagna la gravidanza dei prossimi mesi.

Pier Giuseppe Levoni