Perché oggi questa proposta
E’ fuori tempo massimo la proposta avanzata da Scintilla per una riflessione meno rituale e sporadica, da parte della Chiesa locale, sulla figura di autentico martire : don Francesco Venturelli? Corrisponde ad un’ esigenza attuale dell’evangelizzazione sottolineare il valore della testimonianza fino al sacrificio della vita, o esprime solo una nostalgica impostazione agiografica?
Per rispondere al quesito, occorre considerare il contesto teologico-pastorale che ha caratterizzato i decenni del post-concilio. Un’affermazione di Paolo VI ha dominato il panorama ecclesiale: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”. Purtroppo di questa frase-slogan si è talmente abusato fino a punto di mettere spesso in secondo piano la stessa centralità dell’annuncio: Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto. Prevedendo questo rischio papa Montini avvertiva: “…anche la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente se non è illuminata, giustificata, esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù”.
Infatti in una società secolarizzata e segnata da una sostanziale indifferenza per la dimensione trascendente, non interessata al problema “c’èDio?”, anche i cristiani più generosi nel servizio ai fratelli finiscono spesso per essere considerati solo dei filantropi degni di ammirazione e di stima. Del resto la sensibilità per il prossimo, la disponibilità ad aiutare chi è in difficoltà, la lotta contro l’ingiustizia sociale caratterizzano non di rado anche chi non crede.
Ciò detto, è indubbio il ruolo fondamentale della testimonianza di vita, della coerenza fra fede e opere nell’evangelizzazione. Papa Francesco ha ribadito: “Non c’è testimonianza senza una vita coerente. Oggi non c’è tanto bisogno di maestri, ma di testimoni coraggiosi, convinti e convincenti”. Il vescovo Erio, nella sua Lettera Pastorale “E camminava con loro”, riconosceva che “La Chiesa di Carpi è una terra di testimoni eccezionali”, ricordando anche “la bella figura di don Francesco Venturelli, impegnato nell’assistenza al campo di concentramento di Fossoli, ucciso da uno sconosciuto”.
Ci chiediamo allora: quanto fin qui si è fatto per onorare la memoria di questo parroco martire è sufficiente? A noi pare occorra andare oltre.
Nel 75° dell’assassinio di questo sacerdote è giunta l’ora di valorizzare appieno l’esemplarità del suo servizio pastorale ai fratelli, coronato dal supremo sacrificio della vita. Come fu per tanti suoi confratelli, vittime della violenza politica ed anticlericale di quei giorni in terra emiliana.
Pier Giuseppe Levoni