Itinerario sinodale. Una novità?

Itinerario sinodale

Molti spunti ci vengono dati in questi giorni sul futuro “itinerario sinodale”: dalla durata (2021-2025), alla finalità sotto forma di auspici, alle parole d’ordine. Si parla anche di novità. Ma sarà così? Forse non tanto, se guardiamo al passato.

Per non cominciare troppo da lontano nel tempo e nello spazio, ritengo abbastanza utile ricordare la precedente esperienza italiana dei Convegni ecclesiali nazionali decennali: Evangelizzazione e promozione umana (Roma1976); Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini (Loreto 1985); Il vangelo della carità per una nuova società in Italia (Palermo 1995); Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo (Verona 2006); In Gesù Cristo il nuovo umanesimo (Firenze 2015).

Considero un dono di Dio l’aver partecipato come membro a tutti Convegni, meno quello di Loreto. Al primo andai come rappresentante della diocesi insieme con don Renato Soncini, Franca Benzi, Alberto Cottafavi, suor Giovanna Mantani, Lauro Zuffolini. Agli altri presi parte come delegato nazionale CIIS. Fu sempre una bella esperienza, soprattutto la prima. Parto di lì. In un futuro contributo parlerò anche degli altri Convegni nazionali.

Roma 1976 cadde a metà del decennio degli “anni di piombo”. Gli ingressi dei circa 1.500 membri erano accuratamente controllati. I personaggi della contestazione ecclesiale (Comunità di base, Cristiani per il socialismo,…), furono esclusi, benché le loro idee fossero presenti in alcuni partecipanti. Sotto la presidenza del card. Poma, con la presenza di pochi vescovi, il Convegno “tradusse in italiano” gli orientamenti del Concilio Vaticano II. L’assise era stata accuratamente preparata in tre anni con dibattiti e contributi dalle varie diocesi, sebbene non tutte, e dalle varie associazioni. Del materiale pervenuto fu fatta una sintesi, anche personale, da tre relatori che consegnarono il teso ai convegnisti. Quattro relazioni e una tavola rotonda si intrecciarono con intensi dibattiti in dieci commissioni di studio, che finirono agli atti come argomenti tematici. La mia sulla politica, era presieduta da Pietro Scoppola. Ci fu un vivace dibattito per gruppi, ma nessun documento da parte della Conferenza episcopale. Alla fine ci furono due sintesi, quella del vescovo mons. Maverna e del padre B. Sorge. La seconda fu più incisiva. Il gesuita era un forte sostenitore della “dottrina sociale della chiesa” nella linea di Paolo VI e nemico dell’integrismo di certi movimenti cattolici (“il tarlo del vangelo”). Gli Atti vennero pubblicati alla distanza di soli cinque mesi, segno  di una buona organizzazione. Il Convegno segnò anche l’avvio ufficiale della Caritas Italiana. Non solo parole, ma anche fatti.

L’evento di Roma fu un attendibile specchio della chiesa italiana del momento. Si avviò un risanamento delle importanti lacerazioni interne del cattolicesimo in Italia e ci fu una ripresa fiduciosa di un cammino che “non era al passo dei tempi” (B. Sorge).

Alla luce di quanto esposto non vedo gran differenza tra i “Convegni” e il futuro ”Itinerario sinodale”. Ce n’è però una che va notata. Una chiesa che si sentiva forte allora escluse il dissenso interno. Oggi una chiesa che si sperimenta debole interpella anche gli ”esterni”.

Vedo una certa differenza tra il mare mosso di cinquanta anni fa e la calma incerta di questo momento. Anche l’apertura diocesana del sinodo tenuta il 17 ottobre scorso si è svolta in tono minore. Non è certo mancata la buona volontà, ma bisogna riconoscere che il tempo per la preparazione della cerimonia era ristretto. La data era imposta dall’apertura a Roma del futuro Sinodo dei vescovi sulla sinodalità.

Carlo Truzzi