Don Francesco Venturelli nel diario di Laura Geiringer
Mi sono imbattuto, quasi per caso, sfogliando un vecchio numero di Gutenberg allegato ad Avvenire del 17 gennaio 2025, nella recensione di Riccardo Michelucci di un libro di Frediano Sessi sulla vita di Laura Geiringer. Ebrea battezzata, rastrellata a Trieste insieme a tutta la sua famiglia e deportata ad Auschwitz, la Geiringer venne sottoposta, insieme ad altre giovani donne, ad esperimenti sulla sterilità femminile finalizzati alla sterilizzazione di massa progettata dai nazisti sulle popolazioni slave. (Quando imparammo la paura. Vita di Laura Geiringer, sopravvissuta ad Auschwitz, Marsilio, 2025).
Nell’articolo il recensore annota: “Prima di essere deportati i Geiringer si ritrovarono nel campo di transito di Fossoli imbattendosi in don Francesco Venturelli, il sacerdote che assisteva gli ebrei di religione cattolica e dopo la guerra fu ucciso dai comunisti. Laura lo ricorda con affetto in alcuni passaggi del diario.” Il mio interesse per la notizia è scattato immediatamente, tenuto conto che il Gruppo ScintillaCarpi, di cui faccio parte, da anni scrive di questo prete martire, come testimoniano i numerosi interventi sul Blog (www.scintillacarpi.it) e del quale abbiamo proposto, sostenuto e infine ottenuto dal Vescovo Erio Castellucci l’avvio del processo di beatificazione.
Ho contattato quindi l’Autore Frediano Sessi che mi ha gentilmente messo a parte delle sue fonti, in particolare la rivista Quale storia, dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia. Nel n°1, Giugno 2000, della rivista venne infatti pubblicato il memoriale che Laura Geiringer scrisse nel corso del 1949 dopo il suo ritorno dal campo, unica sopravvisuta della famiglia allo sterminio. La pubblicazione aveva avuto origine da una tesina sulle leggi razziali elaborata da una pronipote sulla base del Diario di Laura, che risulta tuttavia incompiuto per la morte sopravvenuta nel 1951, a soli 26 anni, per i postumi degli atroci esperimenti sul suo corpo.
Dalla lettura delle pagine relative al suo trasferimento e internamento nel campo di Fossoli, abbiamo molte conferme sul trattamento degli ebrei rastrellati e sulla vita al campo e le sue parole ci restituiscono reale e vivo don Francesco e il rapporto con lui in quei momenti drammatici.
“Da Venezia a Fossoli. E’ il 31 dicembre del ’43. Già la mattina presto siamo tutti pronti…Siamo una settantina circa, dei quali, a quanto mi consta, siamo ritornati in due. Abbiamo due vagoni interi a nostra disposizione. …E’ quasi mezzogiorno, il treno parte mentre dalla pensilina ci saluta Don Barbaro, che è venuto a farci gli auguri, con a braccio la paralitica da lui salvata.” Va tenuto a mente questo prete che ha portato alla famiglia di Laura “una scatola di pesce”. Lo ritroveremo più avanti nel racconto.
“La stazione di Padova è distrutta e faremo quindi il giro per Castelfranco Veneto. …La sera siamo fermi a Verona …a Mantova ci si sarebbe fermati l’intera notte. …Alla prima mattina ci si rimette in moto; si passa il Po e si giunge a Carpi. Si scende, delle corriere ci attendono. Si sale su queste. Sette chilometri, pochi minuti e si è a Fossoli. Grande ansia per quello che si sarebbe trovato. Poi si cominciano a vedere baracche e fili spinati. Di guardia militi e carabinieri. Tedeschi non ce ne sono.”
La sistemazione è …”con le donne di Como nell’infermeria. Eravamo in una ventina circa in una stanza obbligata. …Il Sacerdote del paese (don Francesco Venturelli) veniva più volte a trovarci e portava tutto quello che gli veniva chiesto. C’è stato un tale che ha avuto il coraggio di chiedergli della carta igienica. Don Barbaro di Venezia ci aveva raccomandato a lui e ci aveva detto di sempre, in qualsiasi posto fossimo stati, chiedere la presenza del Sacerdote. Mi portava dei libri della bibliotechina parrocchiale e, più tardi, dopo la partenza dei bengasini (ebrei libici di nazionalità inglese, trasferiti in Italia nel 1942 e poi concentrati a Fossoli), una grammatica ed un vocabolario francese, che fra il resto ho portato lassù (ad Auschwitz, un nome che Laura non ha la forza di pronunciare).
Tra i libri che don Venturelli porta al campo ci sono anche un sillabario illustrato con il quale Laura riesce a dare qualche lezione di italiano ad una ragazza bengasina e un libro su cui “con un ragazzo ripassavamo un po’ la chimica. …Avevamo tutti ai piedi degli scarponi con le suole di legno, molto utili per il fango (gli “zoccoli” che troviamo nelle note di don Venturelli). “Si pagava ad una cassa comune lire 3,50 al giorno per persona … il supplemento che si riceveva quando il cibo era abbondante si chiamava “stecca” … Da Modena veniva il Questore, portando “castagnaccio” che a Modena costava meno! Aveva molta simpatia per Claudio (il fratello di Laura, catturato a Modena e finito nelle camere a gas di Auschwitz come i genitori) e lo rimproverava perché si era fatto prendere”. Un amico di famiglia “per quattro volte è venuto in bicicletta da Bologna a portare della roba … La terza volta, c’erano già i tedeschi, ha dovuto consegnare la roba al comando ed andarsene … L’ultima volta gli fu detto che eravamo già partiti ed il parroco (don Venturelli) gli confermò la notizia.”
Così termina il racconto del periodo di internamento nel campo di transito e Laura annota: “Questo parroco di Fossoli è stato ucciso dai comunisti, dopo la fine della guerra, mentre continuava la sua opera di bontà con i nuovi prigionieri del campo.”
La sottolineatura, operata tre anni dopo i fatti, evidenzia, come sostiene anche l’autore del libro Frediano Sessi, la riconoscenza e l’affetto di Laura per don Francesco, al punto da seguirne, tramite contatti a noi ignoti, le vicende successive al loro incontro. La lettura di questi passaggi del diario relativi a Fossoli, non solo conferma che don Francesco si è prodigato seguendo la sua coscienza di prete per assistere tutti indistintamente gli internati nel campo nelle varie fasi, ma che la sua opera faceva parte come di una “rete”: sicuramente c’è stato un contatto con “Don Barbaro di Venezia” e un supplemento d’indagine su questa ulteriore informazione è idea suggestiva. Il Diario copre il periodo dall’8 settembre 1943al 17 aprile 1944: da Fossoli Laura parte per Auschwitz il 22 febbraio del 1944, con lo stesso convoglio su cui sale anche Primo Levi.
Antonio Gelli