Il ritorno del Braghettone

Il ritorno del Braghettone

Il pittore Daniele da Volterra si guadagnò il nomignolo di Braghettone per aver coperto le nudità dei personaggi che Michelangelo affrescò nella Cappella Sistina. L’opera del grande maestro toscano, infatti, oltre a suscitare ammirazione tra i contemporanei, diede vita a numerose polemiche per via delle molte nudità. Così, un anno dopo la fine del Concilio di Trento, nel 1564 si decise di procedere a coprire quelle che erano considerate autentiche sconcezze.

Fu soltanto Giovanni Paolo II, al termine del restauro che riportò gli affreschi allo stato originale, a porre fine all’annosa polemica, dicendo che il Giudizio Universale è “il santuario della teologia del corpo umano”.

Il Santo Padre però non aveva fatto i conti con la Bussola Quotidiana, che nei giorni scorsi ha puntato il dito contro la mostra “Gratia plena” del carpigiano Andrea Saltini, visitabile presso il Museo diocesano di arte sacra fino a giugno.

Niente come l’arte moderna si presta alle critiche e ciascuno si sente autorizzato a dire la sua. C’è chi si ferma al “mi piace/non mi piace”, chi liquida tutto con sufficienza e sarcasmo, e chi prova a capire e ad andare più a fondo. Peccato che il giornalista della Bussola circoscriva la sua critica a quella cosa che, in certi ambienti ultraconservatori, assume spesso la forma di un’ossessione da psicanalisi: i potenziali riferimenti al sesso. In particolare si accanisce sul quadro intitolato “INRI San Longino”, definendola un’opera sconcia e blasfema, nonostante le spiegazioni di tutt’altro tenore di artista e curatori della mostra.

Ora, non intendo qui paragonare Saltini a Michelangelo e neppure difendere a priori le sue scelte artistiche, mi limito soltanto a osservare, con una certa tristezza, come per gli ambienti che fanno riferimento alla Bussola Quotidiana, il Concilio di Trento pare essere finito soltanto un anno fa.

Per cui l’intervento di un Braghettone è considerato il minimo sindacale.

Saverio Catellani