Il potere che discrimina

Il potere che discrimina

Papa Francesco auspica più spazio per donne e laici nella Chiesa. Il 14 ottobre 2020, presentando l’intenzione di preghiera per il mese di ottobre, ha detto: “Nessuno di noi è stato battezzato prete né vescovo: siamo stati tutti battezzati come laici e laiche. I laici sono protagonisti della Chiesa. Oggi c’è bisogno di allargare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa, e di una presenza laica, si intende, ma sottolineando l’aspetto femminile, perché in genere le donne vengono messe da parte.”(…) “Dobbiamo promuovere l’integrazione delle donne nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. (…)”.

Certamente, tutti nella Chiesa devono esercitare il potere come un servizio, senza spadroneggiare su nessuno. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che escludere da ogni forma di governo intere categorie di persone costituisce una vera discriminazione. Le strutture istituzionali sono creature dell’uomo, e chi le governa vi imprime inevitabilmente la sua impronta. Chi ne è escluso per principio è impedito di apportarvi il proprio contributo. L’esclusione delle donne da ogni forma di governo, non solo discrimina, ma impoverisce la chiesa. E’ un problema che esige risposte.

Io penso che una risposta seria è possibile solo se si giunge a distinguere con chiarezza tra potere sacro, sacramentale, proprio del sacerdote, e potere di governo nelle varie strutture ecclesiali. Le donne sarebbero escluse dal sacerdozio ministeriale, perché, agendo in persona Christi, in qualche modo il sacerdote è lui stesso materia del sacramento; e come il vino per la Messa, anche la scelta di ministri maschi sarebbe stata una scelta fatta da Gesù, una scelta che la Chiesa non avrebbe il potere di cambiare. Il potere di governo, invece, è di altra natura; e, come tale, potrebbe essere attribuito alla comunità, e non alla singola persona del pastore in virtù dell’ordine sacro.

Credo sia il momento di chiedersi: il potere di governo deve spettare necessariamente ai ministri ordinati? In altre parole, è legato per volontà divina al potere sacro del sacerdote? Non potrebbe essere esercitato anche da tutti gli altri fedeli, maschi e femmine, in nome del loro sacerdozio comune? Sempre dando per scontato che deve essere esercitato in spirito di servizio e non di dominio. Recenti nomine di Papa Francesco in alcuni dicasteri della Curia vanno in questo senso.

Su questa linea, sarebbe possibile anche dare una risposta a un problema molto serio affrontato nel documento della Congregazione per il Clero su “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”: la diminuzione del clero e la necessità di adattare la struttura parrocchiale alle nuove necessità. E’ un problema molto sentito anche nella nostra diocesi di Carpi. Il parroco oggi esercita due poteri: il potere sacro, sacramentale, che gli permette di agire in persona Christi; e, inoltre, esercita il potere di tipo amministrativo che riguarda l’organizzazione della struttura parrocchiale. Ebbene, il potere di tipo amministrativo potrebbe essere esercitato da una o più persone preparate della comunità.

La Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, nel documento Missione e ministeri dei cristiani laici e laiche, n. 89, fa una osservazione che ci aiuta a capire la distinzione che ho fatto sopra. Scrive: “Alcuni ministeri che i laici e le laiche esercitano sono chiamati ministeri di supplenza, perché, nonostante il loro esercizio non dipende dall’ordinazione, le funzioni in essi implicite sono storicamente considerate proprie e tipiche del ministero ordinato”. Ora, se le cose stanno così, è lecito chiedersi: perché non pensare a una riorganizzazione dei ministeri ecclesiali, creando veri e propri “uffici” da conferire a laici e laiche in modo stabile? Ancor più che, in molti luoghi, queste funzioni sono già esercitate in modo stabile e non eventuale. E si potrebbe anche invertire la prospettiva e riconoscere che sono i parroci tradizionali a esercitare funzioni di supplenza, per il fatto di non ritenere i laici abbastanza maturi.

Ci si può anche chiedere: come era all'”inizio”? Dopo Costantino, quest’ultimo potere, che certamente non decorre dalla consacrazione episcopale o presbiterale, è stato esercitato o grandemente influenzato dalla gerarchia ecclesiastica. Di questo periodo rimangono ancor oggi molte incrostature. Possiamo chiederci: quali sono state le cause che hanno portato a concentrare il potere nelle mani del clero? Non sarebbe meglio riconoscere con chiarezza che il soggetto di questo potere è tutta la comunità cristiana, vescovi, presbiteri e laici, uomini e donne compresi? Non sarebbe ora di riconoscere ai fedeli laici la loro maturità anche in quanto cristiani? La comunità non ne uscirebbe più arricchita?

Tommaso Cavazzuti