Giovani e senso della vita

Giovani e senso della vita

I giovani compresi nella fascia 15-29 anni sembrano mostrare un diverso comportamento nei confronti del senso della vita, rispetto alle generazioni precedenti. 

C’è un distacco in atto di una parte del mondo giovanile dall’universo religioso che la chiesa cattolica rappresenta. Una delle conseguenze più visibili di tali comportamenti è che  risultano erose le posizioni di certezza nel credere, la pratica religiosa assidua e l’appartenenza convinta alla chiesa cattolica. E’ quella che il sociologo Castegnaro chiama “la fine del cattolicesimo per inerzia”.

Già dieci anni orsono Armando Matteo nel suo libro “La prima generazione incredula” aveva osservato il distacco dei giovani dalla Chiesa e ciò veniva interpretato come un distacco da Dio.  Analisi più recenti pur constatando tale dato di fatto, ne danno una interpretazione più aperta alla speranza. In passato l’identità di ciascuno di noi era determinata socialmente, mentre oggi non è più così. Le ricerche effettuate recentemente (Castegnaro, Garelli, Bichi-Bignardi) mostrano che i valori dei giovani, come la fedeltà al proprio vero sé, la ricerca di autenticità, il valore sacro della persona, sembrano aver sostituito i più tradizionali atteggiamenti morali delle generazioni precedenti.

Tutto questo presenta il fianco a diverse critiche, la prima delle quali vede nel bisogno di realizzazione personale l’inevitabile trascuratezza per l’altro.

Un’altra critica ha a che fare con la visione tradizionale che presuppone la rinuncia di sé, mentre oggi si assiste alla ricerca e alla realizzazione personale.

Sembra che si sia andato affermando il primato della coscienza individuale.

La maggioranza dei giovani attuali non comprendono la pretesa delle istituzioni religiose di possedere la verità. Ciò che ci si attende da un’esperienza spirituale non è una verità, ma una realizzazione. Le esperienze vitali attraggono i giovani assai più dei catechismi. Per i giovani di oggi “fa fede ciò che fa senso, fa senso ciò che fa vivere”.

L’iniziazione cristiana in genere prosegue sino all’adolescenza al termine della quale di solito si danno due esiti: quello di un imprinting cattolico da un lato per una minoranza, e dall’altro di un rinvio della domanda di tipo religioso (di stallo più che di incredulità).  Si intravedono nuovi bisogni spirituali e una nuova sensibilità che sembra nascere dalla necessità di comprendere se stessi.

Da queste osservazioni deriva che le generazioni adulte non conoscono bene i giovani e che occorre cambiare lo sguardo su di loro.

Occorre fidarsi dei giovani; è meglio non giudicare le abitudini di una generazione che non si conosce, piuttosto cercare di dare ad essa fiducia. I giovani sembrano più interessati ad una morale della responsabilità, piuttosto che ad una morale precettistica e del divieto.

Insomma si dovrebbe favorire il protagonismo dei giovani.

Il problema non è normare, ma offrire senso. Qualcuno si spinge a dire di accettare di lasciarsi cambiare dai giovani, perché essi chiedono un modo diverso di essere chiesa.

Renzo Gherardi