In un recente libro (La chiesa che manca, S.Paolo, 2018) Armando Matteo parla di “salto generazionale”, per intendere il fatto che coloro che sono nati dopo il 1981 rappresentano la fascia di popolazione più lontana dal cattolicesimo. Il dato di fondo sembra essere quello che non vede più l’identità religiosa semplicemente “trasmessa” da una generazione all’altra. Lo stesso Matteo apre il libro con la constatazione che a questa Chiesa mancano i giovani e le giovani.
Se nella realtà carpigiana questo dato è sempre stato in discussione per ragioni storiche e culturali, oggi essa sembra confermata, e tuttavia andrebbe vista più in dettaglio.
L’Azione cattolica a Carpi con le sue centinaia di aderenti potrebbe sembrare una smentita a tale lettura. Eppure se guardiamo i dati relativi agli iscritti di quest’anno, distinti per fasce di età, possiamo trovare alcuni elementi di conferma o quantomeno problematici.
I ragazzi (da 0 a 13 anni) sono il 53,3% degli iscritti; i giovani (dai 14 ai 29 anni) sono il 19%; mentre gli adulti (dai 30 anni in su) sono il 27,7%. Numeri un po’ diversi dai dati nazionali rilevati nel 2019 che vedono il 40% di ragazzi, il 20% di giovani e il 40% di adulti, ma che confermano alcune tendenze.
Va considerato che i ragazzi comprendono coloro che si avvicinano per la prima volta a Comunione e Cresima. Dopo tale età la maggior parte si allontana dalla chiesa come conferma la percentuale (19%) dei giovani iscritti all’AC carpigiana. Pur avendo presente che il passaggio non presenta alcun automatismo, la differenza percentuale è troppo elevata per non essere rilevante.
Un tratto oggi molto diffuso è l’incertezza del credere. Pertanto anche a livello religioso si segnala come l’iniziazione cristiana coinvolga ancora la maggioranza dei giovani (almeno quelli autoctoni), ma che al termine di questa si danno, a grandi linee, due esiti:
il primo si esprime nella forma di un cattolicesimo tradizionale; il secondo annota invece che la domanda di tipo religioso non viene negata o rimossa, ma permane in una situazione di stallo.
Senza entrare nel merito delle numerose ricerche sociologiche sul tema, che tuttavia confermano quanto abbiamo sintetizzato, raccogliamo alcune domande e suggerimenti che sembrano utili se non a invertire, almeno a fermare la tendenza in atto.
Siamo disposti a fidarci dei giovani, a entrare in sintonia con loro, a non giudicare le abitudini di una generazione che non si conosce o si conosce poco?
Possiamo accettare l’idea che molti giovani giungano alla vita adulta senza aver definito la propria identità religiosa? Si tratta di un percorso senz’altro diverso da quello che compivano le precedenti generazioni e che pertanto richiede fiducia, abbandonando i giudizi.
E’ il caso di lasciarsi cambiare dai giovani e di sforzarsi di comprendere che essi chiedono un modo diverso di essere chiesa?
Siamo disponibili a creare un clima nella chiesa tale che i giovani possano manifestare quello che pensano? E siamo altrettanto disponibili a porci in un atteggiamento di ascolto?
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