Il destino di San Nicolò
Negli ultimi cinque decenni la più bella chiesa di Carpi, anche a causa della sua fragilità strutturale, ha subito tre prolungate chiusure dopo altrettanti terremoti. Ora, a oltre dodici anni dall’ultimo sisma, filtrano annunci di un’imminente riapertura.
L’attesa provocata da questa notizia è direttamente proporzionale all’ammirazione e all’affetto che da sempre hanno nutrito per questo tempio almeno i carpigiani DOC non più giovanissimi, grazie anche alla “calda” presenza dei Frati Minori Osservanti, custodi di devozioni secolari, anche dopo l’erezione a parrocchia cittadina nel 1954.
Di recente, in seguito alle radicali mutazioni del contesto pastorale (partenza dei francescani, calo drastico del clero diocesano, diminuzione della pratica religiosa, ecc.) si è resa necessaria la sua unificazione, nella persona del parroco, con l’attigua San Francesco, preludio di una fusione ritenuta prima o poi inevitabile, come accaduto ora per le diocesi di Carpi e Modena.
Con la riapertura al culto, per entrambe le parrocchie sembra auspicabile che San Nicolò costituisca la sede condivisa almeno delle celebrazioni più importanti; una situazione transitoria in attesa del recupero di San Francesco.
I problemi si porranno inevitabilmente dopo. Allora infatti nell’ambito territoriale delle due parrocchie, ammesso che non siano state già unificate, ovviamente tenendo conto della priorità storica di quella di San Francesco, sussisteranno ben quattro edifici aperti al culto, considerando San Bernardino da Siena e il Crocifisso. Sarà sostenibile anzitutto “pastoralmente”, ma anche amministrativamente , in base ai cambiamenti socio-religiosi sopra richiamati, la gestione di quattro chiese con annessi locali? Qualche dubbio pare lecito.
Che potrebbe succedere allora? Nulla “sta scritto”, ma la prospettiva oggettivamente logica , ancorché sofferta e complicata sotto tanti aspetti e non solo per chi governa la diocesi, difficilmente potrà prescindere da due elementi incontrovertibili: da un lato le ripetute lamentazioni di don Erio ,come di tutti i vescovi, sulla pesante difficoltà che incontra la Chiesa nel continuare la gestione di strutture non più essenziali per il servizio pastorale ai fedeli; dall’altro il dato ineludibile che tutto il complesso di San Nicolò, arredi compresi, è ultrasecolare proprietà del Comune.
Le ipotesi, riassumendo, si possono prefigurare dunque come segue:
- Viene ripristinata la situazione ante-sisma 2012 con il culto celebrato in due chiese parrocchiali, anche in caso di unificazione delle due parrocchie.
- Viene designata come chiesa parrocchiale San Nicolò, pur continuando ad utilizzare in via secondaria San Francesco.
- Viene designata come chiesa parrocchiale San Francesco, pur continuando ad officiare in via secondaria in San Nicolò.
- La Diocesi, unificate le due parrocchie, utilizza San Francesco come chiesa parrocchiale; cessano le celebrazioni liturgiche in San Nicolò, il cui utilizzo, convento compreso, passa al Comune proprietario, per le finalità che l’Ente individuerà, tenuto conto della valenza storico-artistica del Tempio.
L’auspicio è che la scelta finale sia lungimirante.
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