I “passi felpati” verso la nuova diocesi sembrano aver preso un ritmo veloce. E’ già stato proposto a tutte le parrocchie uno scheletro di organigramma e una traccia di riferimento al Convegno Nazionale italiano di Verona del 2006. Qualcuno prevede pochi mesi per iniziare la nuova diocesi, che dovrà nascere. Ma sarà davvero così? È incerto. E’ certo invece che Roma non ha imposto né tempi né modi dell’unione.
Credo sia saggio lasciare al parto futuro un tempo conveniente. Altrimenti, come dice il proverbio, “la gatta con la fretta partorisce gattini orbi”. D’altra parte, se guardiamo all’inizio del processo, non è noto su quale precisa diagnosi il papa Francesco ci ha chiesto una nuova diocesi Modena-Carpi. Su questo punto anche localmente non si sono uditi ragionamenti approfonditi, salvo il riferimento ovvio alla cessazione inattesa dell’episcopato di monsignor Francesco Cavina, un elemento che sicuramente ha avuto del peso.
Ci troviamo di fronte a un’innovazione pastorale importante. Per questo è necessario prendere il tempo necessario. Questo vale senz’altro per un punto per me capitale.
Va messo in primo piano l’apporto dei preti, dei parroci, dei preti di base in genere. Deve giungere da tutti noi preti un contributo di pensiero, di proposte, di disponibilità a fare spazio agli altri presbiteri e alle novità. Su questo punto secondo me c’è ancora parecchio da fare, per non avviare la nuova diocesi con un processo affrettato. Anche per questo capitale motivo dico che nel clero dobbiamo conoscerci e confrontarci maggiormente. Siamo un corpo variegato come mai prima. Siamo carpigiani, modenesi, non nativi italiani, religiosi provenienti da diverse congregazioni. Dobbiamo confrontare le conoscenze e amalgamare le aspettative. Solo così le molte farine lieviteranno in un’unica pasta. Occorre certo buona volontà, ma anche tempo. Due anni potranno bastare? Potrà bastare un metodo fai da te e la buona volontà, che si suppone sia sempre presente, oppure sarà bene operare con una certa professionalità e adeguati supporti?
D’altra parte l’esperienza mostra che schemi teologici più o meno sinodali e schemi di ristrutturazione più o meno aziendali non danno grandi risultati. La guerra la vince chi ha i piedi sul terreno.
Quello che vale per i preti non vale meno per laici.
Il processo nel quale siamo coinvolti ha sicuramente anche un lato trascendente, che si riferisce all’opera dello Spirito Santo. Non ne ho parlato ora, ma rimane imprescindibile. Ci tornò sopra in un secondo momento.
Carlo Truzzi

