Dal Prendere al Lasciare ?

Dal Prendre al Lasciare ?

Don Luca, la parrocchia e il sinodo

Una scorsa superficiale alla recente testimonianza di don Luca Baraldi può aver creato qualche interrogativo al lettore di Notizie. Il tema è cruciale in ottica pastorale: il presente e il futuro della parrocchia. Il titolo perentoriamente alternativo “Prendere o lasciare” può infatti ingenerare quella che don Luca, avvezzo al fascino sognante della montagna ma non meno alla durezza del granito su cui arrampica, riconosce come una possibile “visione  estremizzata” della condizione attuale della parrocchia, rispetto a una sua auspicata rivitalizzazione.

Sembra infatti troppo sopra le righe e ingeneroso sostenere che le nostre parrocchie, essendosi “pensate e strutturate come spazi in cui le persone potessero venire a prendere prestazioni di diverso genere”, siano “finite per assomigliare a supermercati di prodotti legati al mondo del sacro, della ricreazione, dell’educazione, dell’assistenza, nelle quali, se andava bene, scattavano dinamiche da club fra alcune persone con bisogni affini.” Nonostante limiti e carenze, come ha anche recentemente sottolineato papa Francesco, la parrocchia resta elemento cardine della presenza cristiana nella società secolarizzata di oggi. Non può non essere lo spazio privilegiato della catechesi, della liturgia e della carità, offerto a tutti, credenti e non.

 Il percorso sinodale in atto, scrive ancora don Luca, si configura come un “processo complesso e articolato nel quale i cristiani, i battezzati si incontrano fuori dagli schemi e dagli spazi pastorali strutturati abituali con altre persone”, in ascolto dello Spirito, per poter dare “sostanza , carne e storia all’azione della Grazia.”

A parte la vaghezza dell’immagine e l’ottimistica fotografia di un cammino sinodale che, almeno per ora, ben poco ha coinvolto persone al di fuori del contesto dei fedeli praticanti, anzi dei più assidui che gravitano nell’orbita parrocchiale o associativa, una domanda è legittima: davvero, come don Luca afferma, “Con questo la parrocchia da luogo del prendere si apre alla prospettiva di divenire lo spazio del lasciare.”’?

Quest’ultimo verbo, “lasciare”, alla fin fine, trovando esplicitazione nell’ auspicio più che condivisibile che la Chiesa si configuri come spazio “in cui ogni battezzato è chiamato a lasciare se stesso  per essere rinnovato dalla Grazia”, si attaglia più alla dimensione personale dell’esperienza di fede che non al ruolo specifico della struttura “parrocchia”. Ed è chiaro che da sempre quanti vivono con impegno la vita parrocchiale fanno esperienza della “dimensione gioiosa dell’incontro con gli altri e con Dio come fonte di trasformazione”. Sembra quindi più importante non tanto un ipotetico passaggio dal prendere al lasciare, ma il conciliare, con reciproca integrazione,i due termini, che pare del tutto irrealistico e infecondo separare.

Ora è evidente che tale integrazione, nella consapevolezza ecclesiale del singolo, è favorita e promossa da uno stile non banalmente clericale, burocratico e aziendalistico ma contempl-attivo (locuzione del cardinal Martini giustamente richiamata da don Luca) della vita parrocchiale. Ma questo dipende in primo luogo proprio dal modo con cui il parroco interpreta il suo compito di pastore (caratura spirituale, presenza, accoglienza, disponibilità, capacità di coinvolgimento e di guida, impegno), e dalla convergenza positiva su questa linea dei collaboratori più a lui vicini. Facciamo tutti quotidianamente esperienza di quanto siano determinanti queste vere e proprie precondizioni.

Non è meno complicato affrontare il tema di quella svolta che don Luca auspica scrivendo dell’esigenza per le parrocchie di trovare oggi “una via di alleggerimento strutturale”. Il che comporta anzitutto che gravino sempre meno sulle spalle del parroco incombenze, responsabilità e preoccupazioni in ordine alla gestione economico-amministrativa della porzione di Chiesa locale affidata alle sue cure. Sono possibili certo sperimentazioni coraggiose in questo ambito, ma è evidente che, da un lato, devono essere aggiornate norme canoniche generali, eredi di un clericalismo da superare; dall’altro la sempre invocata corresponsabilità dei laici deve trovare in questi ultimi una risposta più consapevole e più generosa. Infatti principalmente, ma non solo, per l’insufficiente numero di preti, il futuro territoriale e pastorale dell’odierna entità “parrocchia” vedrà inevitabilmente profonde innovazioni, del resto in qualche misura già avviate con l’assegnazione di più realtà ad un unico sacerdote.

Infine preme sottolineare che Notizie, soprattutto pubblicando articoli, come la testimonianza di don Luca, su problematiche intraecclesiali, può svolgere una preziosa funzione di stimolo alla riflessione e ad un confronto pubblico, quanto mai indispensabile anche per la nostra comunità diocesana.

Pier Giuseppe Levoni