A proposito di tanti che sono pochi
Merita qualche riflessione l’articolo dell’amico Mario Lugli “Pochi ma anche tanti”, di recente pubblicazione su questo blog. Si tratta di un prezioso approfondimento, che invita a non leggere in chiave troppo pessimistica il dato statistico del “calo” della pratica religiosa anche in Italia. Un dato, si nota, che può apparire “drammatico” in ottica diacronica, mentre in quella sincronica può aiutare a non cadere in uno sterile pessimismo. E’ vero, si fa notare, che il “calo” è significativo, ma assai meno rilevante rispetto ad altre aggregazioni sociali, dai partiti ai sindacati e alle altre maggiori associazioni. Osserva l’amico Mario: “Tutte le domeniche la Chiesa cattolica, anche nella laicissima e scristianizzata Francia, raduna un numero di persone che nessun altro organismo riesce a mobilitare”.
Insomma la Chiesa sta subendo, ma meno di altre formazioni, gli effetti della “polverizzazione o sbriciolamento delle appartenenze sociali”, proprio di quel riflusso nel privato, perdita del senso della socialità e crescita dell’individualismo, che caratterizzano l’attuale contesto culturale e comportamentale. Tutto vero e inoppugnabile, se restiamo sul terreno della semplice constatazione sociologica.
Tutt’altra musica se si considera il “calo” in chiave pastorale, specialmente se lo si inquadra in una tendenza negativa, prospettata dalla più marcata diminuzione in ambito giovanile. Infatti, come rincara Lugli, non si può escludere che “anche per la Chiesa possa giungere il tempo di un declino irreversibile ancor più accentuato di quello indubbiamente in atto”.
Ora, se vogliamo guardare non solo allo “stile”, come si insiste un po’ ossessivamente oggi, ma anche alle “parole” inequivocabili di Gesù, il mandato agli apostoli e quindi alla Chiesa è questo: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.” (Mt 28, 19-20)
E se sugli esiti di questo impegno missionario affidato alla sua Chiesa neanche il Risorto pare aver messo la mano sul fuoco – “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc 18,8) -, è fuor di ogni dubbio che compito fondamentale dei suoi seguaci è spendersi generosamente per far discepoli quanti incontrano sul loro cammino. Non a caso anche il Sinodo in corso a Roma si svolge all’insegna della triade: comunione, partecipazione, missione.
In questa logica sembrano quantomeno discutibili affermazioni del tipo: “i numeri non devono preoccuparci”, “dobbiamo accettare di essere piccolo gregge in una società multiculturale”, “i praticanti del passato lo erano più per consuetudine che per fede autentica”, e via semplificando banalmente.
L’importante è che il “calo”, di oggi e sperabilmente non di domani, non sia frutto soprattutto di una rinunciataria rassegnazione, che sarebbe l’esatto opposto della testimonianza di Paolo quando afferma: “Mi son fatto tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno”. (1 Cor 9,22)
A meno che questo fervente zelo dell’Apostolo delle Genti non venga adesso liquidato come “tradizionalista”, mirante a ricostituire un’anacronistica neo-cristianità.
Pier Giuseppe Levoni