In questi giorni vediamo rinnovarsi atti di preghiera pubblica per il coronavirus. Ma che cosa significa oggi pregare per la pandemia? In molti però non possiamo avere le stesse emozioni, le stesse aspettative che portarono poi i nostri padri a costruire nel passato chiese di ringraziamento, come la chiesa del Voto di Modena e tante altre. I nostri fratelli di fede di un tempo aspettavano un miracolo e quando pensavano di averlo ottenuto ne lasciavano memoria in un edificio, in una iscrizione o nella nomina di un patrono celeste.
Anche oggi possiamo certo chiedere un miracolo per la fine rapida del coronavirus. Sinceramente direi che lo facciamo come richiesta secondaria, come evento gradito, come è sempre gradito un miracolo, ma non come evento primariamente domandato e aspettato. Beato chi lo fa. Ma la fede nei miracoli (Matteo 17, 20s) è un carisma personale, non dato a tutti, come già insegnava nelle sue Catechesi san Cirillo di Gerusalemme (+ 387): ”Questa fede quindi, che viene data come carisma dello Spirito e non solo come dottrina, infonde un’energia superiore alle possibilità umane, per cui chi la possiede può dire a questo monte:<Spostati da qui a lì>, ed esso si trasferisce. Chi infatti pronunziando questa espressione con fede, ne crede così certo l’esito da non metterlo in discussione nel suo cuore, lo fa perché riceve questo carisma della fede” (Cat V,11).
Che cosa chiediamo allora pregando il Padre per il coronavirus? Ce lo ha insegnato Gesù nel Padre nostro, che è anche una sintesi di quel che crediamo.
Anzitutto chiediamo “che sia fatta la sua volontà”. Noi infatti , anche adesso, dobbiamo camminare per le vie del disegno di Dio, in qualsiasi modo veniamo a conoscerlo sulla scorta della sua parola e della nostra coscienza attuale di figli di Dio. “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Ma non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu” (Marco 14,36). Questo ci ha mostrato Gesù sull’orlo della sua morte.
Chiediamo poi “il pane quotidiano”, tutto ciò che interessa la nostra vita in questo mondo. Riconosciamo in prima istanza che questo mondo e la nostra vita personale sono un dono di Dio,che sempre continua la sua opera di creatore, senza la quale tutto istantaneamente finirebbe nel nulla: “se ritiri il tuo spirito muoiono e finiscono nella polvere” (Salmo 104,29). Dio ci dona il frumento, la terra in cui esso cresce, l’acqua che lo alimenta. Non ci dà il pane già pronto da mangiare. Questo ci viene da un altro uomo e lo paghiamo. Così nella vicenda del virus viene da Dio la natura, il nostro corpo, i vari elementi curativi e così via, ma da noi devono venire le attività di cura. Così quel Gesù che aveva nutrito con un miracolo cinquemila uomini, pur potendolo, non fece lo stesso miracolo per sé e per i Dodici, quando in barca si trovarono a corto di pane: “Perché discutete che non avete pane?…”. Credo che si può paragonare, salvate le proporzioni, l’angustia di quel momento senza cibo con la nostra preoccupazione nella situazione attuale. La preghiera oggi per me non può essere un appello immediato alla onnipotenza di Dio.
Infine il Padre nostro ci dà un terzo insegnamento. Chiediamo al Padre che ci sia vicino nella prova, sia al nostro fianco contro il nemico: “non abbandonarci alla prova, ma liberaci dal male” (Matteo 6,13). Chiediamo che stia dalla nostra parte in questo passaggio non gradevole, al quale siamo chiamati per crescere verso la pienezza della vita, che ci aspetta oltre questo mondo.. “E’ per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre?…Noi come correttori abbiamo avuto i nostri genitori secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come loro sembrava bene; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di partecipare alla sua santità. In verità ogni correzione sul momento non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono starti addestrati (Lettera agli Ebrei 12,1-11). Vediamo che la convivenza mondiale di oggi ha bisogno di importanti correttivi. La pandemia non è una maledizione che ci è scagliata addosso, ma penso che sia una opportunità per pensare davvero a cambiare.
In sintesi, Dio, che ci ama più di noi stessi, ha un disegno per noi buono e da decifrare: in questo disegno ora siamo compresi noi e il virus. Dio ci è vicino, ma non si sostituisce alla nostra parte. Dobbiamo essere decisi, ma non solo contro il virus.
Carlo Truzzi