Negli ultimi giorni in città si sono verificati eventi che riguardano scelte di grande rilevanza e di lungo periodo che rendono possibile, a uno sguardo in controluce, individuare tendenze e costanti che ci aiutano a capire le dinamiche profonde della nostra comunità.
Innanzitutto l’allargamento del ruolo della multiutility Hera in Aimag, la società che da parecchi anni gestisce i servizi pubblici a Carpi. Questo allargamento, che appare come un sostanziale accorpamento, era nell’aria da anni. Da tempo era evidente a molti che le dinamiche di scala che governano i mercati del gas, della raccolta dei rifiuti e delle altre pubbliche utilità erano tali da rendere sempre meno efficiente una realtà che si conservava più per l’orgoglio di campanile dei comuni proprietari che che per efficacia ed efficienza del servizio. E’ bastato l’incauto acquisto della società ferrarese di Soenergy, che non ha mantenuto la promessa di aumento del fatturato della controllata di Aimag, Sinergas, per mostrare tutta la fragilità della capofila, Aimag appunto.
Più di ogni altra cosa, a non rendere evidente ai decisori politici l’inefficienza di una società che sentivano come una propria emanazione, oltre alle motivazioni di orgoglio di cui si è detto, anche quelli più venalmente economiche dell’aver una fonte di entrate certe date dai dividendi che la società annualmente distribuisce.
Per non voler far mancare argomenti alla difesa del piccolo-è-bello, che ha sicuramente giocato a sfavore, va detto che a condizionare le scelte dei comuni c’è lo storico dato della gestioni in house, la gestione diretta da parte delle amministrazioni locali, con propri uffici dedicati, i servizi di pubblica utilità. Ciò detto e dato atto che forse i sindaci di Carpi sono fra i meno responsabili di questa difesa ad oltranza del proprio orto, non si può non prendere atto che l’accorpamento con Hera della nostra società di servizi era matura da molto tempo e che il realizzarla oggi non è stato il momento più propizio per valorizzare il patrimonio anche economico che essa rappresenta. Insomma, si è fatto tardi e obtorto collo, quello che si poteva fare prima, meglio e senza la necessità di alzare l’aliquota irpef comunale a compensazione dei mancati introiti per la mancanza dei consueti dividendi che Aimag garantiva.
Voltiamo pagina. Ha creato grande interesse la notizia della attivazione presso la sede della facoltà di Ingegneria, di un corso liceale delle cosiddette Scienze applicate, in sigla STEAM. Si vuole sostanzialmente intendere un corso a forte orientamento scientifico propedeutico al proseguimento degli studi in facoltà congeneri come Ingegneria perlappunto.
Fino a qui tutto bene. Una scuola è una cosa bella per definizione, il promotore è Confindustria Emilia che con questa scelta mostra una più che lodevole attenzione ai processi formativi che, gli va riconosciuto, ha sempre avuto. E, sia detto in premessa, non abbiamo nessun motivo di contrarietà a che si arricchisca l’offerta formativa in città, con una proposta di liceo quadriennale che è una direzione verso cui tutta la scuola secondaria superiore dovrebbe orientarsi. Fermo restando il fatto che il Liceo Fanti, come mostrano oramai da anni le classifiche della Fondazione Agnelli offre corsi di eccellenza non solo regionale.
Ciò detto, se non ci si ferma alle generali e si cerca di valutare l’operazione nel contesto, qualche dubbio affiora. Le ultime notizie che si hanno dalla stampa locale sono di 19 iscritti per il prossimo anno al corso magistrale della facoltà di Ingegneria. Un numero largamente al di sotto delle attese e sicuramente sottodimensionato rispetto al generosissimo investimento della Fondazione Cassa di risparmio di Carpi, il vero motore di tutto il progetto. Il problema di come non far naufragare il tutto può aver indotto a individuare soluzioni alternative.
Nulla in contrario, quindi, a immaginare nuovi corsi ma tutto deve essere fatto tenendo conto equilibri economici ineludibili. Fra università e liceo la quantità di denaro spesa deve avere una giustificazione nel numero di coloro che ne beneficiano: milioni di euro per poche decine di studenti faticano a trovare un senso. Pur condividendo le ansie di coloro che alla gestione di quegli spazi sono preposti, non possiamo esimerci dal pensare che la decisione dell’apertura di un corso universitario a Carpi fosse motivata dal desiderio di aggiungere al biglietto da visita della città il titolo di “città universitaria”. Siamo in attesa che il prossimo futuro ci offra notizie che ci costringano a ricrederci.
Ultimo esempio. Nei mesi scorsi si è deciso in modo definitivo l’accorpamento delle diocesi di Carpi e di Modena. Ragioni di opportunità che trovano la loro spiegazione nella mutata realtà della comunità cattolica, sia qui che nel capoluogo. È indubbio che, per una città come Carpi perdere la qualifica di sede vescovile sia una diminutio, ma va dato atto a chi quella decisione ha preso di saper coraggiosamente affrontare i cambiamenti della nostra società senza rimanere legato nostalgicamente a un passato molto diverso dall’oggi.
Tre esempi questi, del presente, che ci aiutano ad approfondire una riflessione sulla città. All’origine delle prime due vicende sta un malinteso localismo che rende difficile capire cosa una città sia, debba essere e, più ancora, cosa non abbia senso che sia. Forse malintesi che hanno alla base un difetto di calibratura su quello che il livello dimensionale e le caratteristiche di contesto rendono utile per la nostra città.
Da tempo immemore, la storia delle città italiane insegna quanta parte l’orgoglio municipalistico ha avuto nel creare la ricchezza e la bellezza delle stesse. C’è stato un tempo in cui il localismo molto spinto è stato all’origine del benessere: oggi molto meno. La sempre evocata globalizzazione ha fatto perdere identità. Si osservi a questo riguardo l’uniformità degli esercizi commerciali che ci sono nei centri storici di tutte le città: le insegne dei negozi sono sempre le stesse.
Ma, nonostante ciò, una città come Carpi ha delle vocazioni che può certamente sviluppare. Quella imprenditoriale che è stata il cuore di uno dei passaggi fondamentali della nostra storia recente, pur tra difficoltà, ha generato quell’inseminazione che, non potendo certamente ripetere la vivacità industriale degli anni fra i Cinquanta e i Settanta, mantiene però ancor oggi un bel pezzo della comunità, attiva nella produzione, fra tessile e altro. Da qualche anno gli ingressi, legati a un turismo non solo d’affari, hanno segnato incrementi significativi e, in questo campo, sarebbe molto utile una ricognizione sulle strutture ricettive della città, molte bisognose di aggiornamento. Solo due esempi fra altri.
Il futuro sorriderà a coloro che sapranno stare dentro alle reti con convinzione e protagonismo, non in chi crede sia meglio far da soli.
In merito a ciò non si può ignorare il fatto che sarebbe nell’interesse di tutti che ci fosse un collegamento ferroviario diretto di Carpi con Bologna, quella cosa che è giusto chiamare metropolitana di superficie. Tutta la ricchissima realtà urbana, lungo la via Emilia e i dintorni, che siamo poi noi, patisce di non aver immaginato collegamenti ferroviari più moderni. Questo è un ambito in cui qualsiasi euro speso non è certamente buttato. Molto a proposito è giunta la deliberazione della Camera di Commercio di Modena e quindi anche di Carpi che ha deciso di entrare come azionista di peso nell’aeroporto di Bologna. Noi auspicammo già più di dieci anni fa una scelta come questa. L’aeroporto di Bologna è uno scalo in costante crescita da diversi anni e, date le distanze, è un aeroporto di Modena e di Carpi più di quanto non lo sia quello di Malpensa per Milano! L’investimento della Camera di Commercio è ingente, 20 milioni di euro, ma dati i valori azionari e le prospettive, sono soldi saggiamente investiti. Questo è un modello, non fare nel piccolo per vanità di campanile, ma stare e contare anche insieme ad altri laddove le cose funzionano e rendono alla collettività. Questi fatti ci aiutano a intendere come oggi sia controproducente immaginare il “presepino” carpigiano corredato di tutte le funzioni con l’illusione autarchica che si possa fare tutto e da soli. Carpi è una capitale della Memoria indiscutibilmente, ma, per ragioni economiche, il gas per le nostre case è meglio ce lo offra una società, al cui governo partecipiamo, che può negoziare prezzi più vantaggiosiosi.
Che una delle cause dei problemi esposti stia nella cultura dei decisori, più portati alla progettazione e gestione su scala locale e meno alla visione d’insieme e alla capacità di negoziazione?
Questo è quello che in filigrana ci pare ci dicano gli eventi più recenti che hanno contraddistinto la nostra città. Non sono considerazioni che, in nome del realismo vogliano impedirci la possibilità di sognare in grande, ma solo aiutare ad avviare una riflessione su dove sia meglio farlo. Nel 2014 noi, con molti altri, esultammo per l’inimmaginabile promozione del Carpi in serie A, salvo poi risvegliarci dal sogno nel momento in cui imparammo che, per ragioni strutturali, le partite in casa il Carpi non le avrebbe giocate al Cabassi ma al Braglia a Modena!
Mario Lugli