Carità, il terzo livello piange

Carità

Nel rispondere ad alcune domande, sul canale youtube della diocesi, il nostro Vescovo ha sviluppato con la consueta chiarezza le tesi espresse nel  suo recente libretto “Beata povertà?”. Fra l’altro ha spiegato che la carità evangelica, come ben dettaglia il comportamento del buon samaritano, conosce modalità concrete che vanno dal semplice atto di attenzione verso chi ha bisogno di aiuto all’impegno più largo e più duraturo. Su questo terreno, ha precisato don Erio, possiamo distinguere tre livelli. Il primo si può identificare nel gesto semplice ed immediato  del singolo generoso credente che  dona, che assiste, che visita, ascoltando l’insegnamento dell’avevo fame, ero straniero,ecc. di Gesù nel Vangelo. E tutti abbiano esperienza di fedeli pronti a “servire” il prossimo.

C’è poi un grado più complesso, più organizzato, più collettivo di impegno verso i fratelli, specie quelli più in difficoltà sotto ogni aspetto. E’ questo l’ambito “sociale”, in cui le varie sigle del volontariato cattolico e le stesse agenzie del  “terzo settore” svolgono un servizio  di grande importanza. Anche in questo livello l’impegno lodevole e lo spirito di iniziativa del laicato  e di tanti benemeriti sacerdoti sono sotto gli occhi di tutti. Con evidenti benefici per la comunità tutta.

Questi due ordini di “aiuto” servono certo a curare situazioni di sofferenza, di disagio, di povertà, ma non intervengono sulle “cause”, sulle strutture sociali e politiche che determinano tali condizioni. Per riformare queste ultime nel segno della giustizia occorre l’agire politico. Non a caso Paolo VI definiva la buona politica la più alta forma della carità. Ora,  proprio in tale ambito,  da alcuni decenni da un lato si lamenta l’irrilevanza dei cattolici, e dall’altro si  moltiplicano gli inascoltati appelli ad un rinnovato impegno politico dei fedeli laici.

Opportunamente quindi Luigi Lamma su Notizie  sollecita una più diffusa ed approfondita attenzione alla Dottrina Sociale della Chiesa, quale base formativa imprescindibile per una presenza politica efficace. Ma il clima nella compagine ecclesiale di oggi non pare propizio, per più motivi. Da tempo si è coltivata quasi esclusivamente una sensibilità alla dimensione biblico-liturgica e a quella della solidarietà, come sopra si è detto. Per di più si è criticato e si bolla come vecchiume inattuale, lo stesso termine “dottrina”, contrapponendole altri “stili” di approccio all’esperienza religiosa. Inoltre da una trentina d’anni in Italia l’antipolitica ha creato diffidenze, con guasti, personalismi e dilettantismo, oggi sotto gli occhi di tutti.

Si tratta allora di riprendere un metodo esigente, un cammino formativo trascurato o interrotto per troppo tempo. Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, integrato dall’insegnamento di papa Francesco, è lo strumento di base. Basta utilizzarlo con saggezza. Se ci si crede davvero. Se no, per favore, basta appelli all’impegno politico.

Pier Giuseppe Levoni