Cambiamento d’epoca
Riprendendo una delle più forti sollecitazioni del Papa, don Erio ha presentato il senso del “percorso sinodale” che anche in diocesi sta per cominciare, con l’invito a considerare anzitutto di un dato: è finita la cristianità, intesa qui non come “era costantiniana” segnata dal potere temporale della Chiesa, quanto come la più che millenaria condizione storica in cui i “valori evangelici” erano sostanzialmente condivisi (anche se talvolta non coerentemente praticati) dalla gran parte della popolazione euro-nordamericana.
Ora, prima di scegliere come reagire al cambiamento (rassegnazione, aggressività, creatività?), o ,peggio, puntare in fretta su cambiamenti strutturali (superamento del celibato dei preti, presbiterato alle donne,ecc.) che in ambito protestante non hanno certo prodotto un recupero della pratica religiosa, è bene capire la ragione primaria del cambiamento stesso.
E’ vero: le ricerche sociologiche ci hanno elencato da tempo le tante possibili cause, esterne ed interne alla Chiesa. Si sono messe in evidenza le trasformazioni economico-sociali degli ultimi secoli; si sono deplorati i ritardi imposti da un clericalismo deteriore e gli scandali di vario tipo che hanno deturpato il volto dell’istituzione ecclesiale. Fattori questi sicuramente importanti nel causare l’allontanamento di tanti credenti.
A ben riflettere tuttavia il fattore principale, che ha determinato il progressivo affermarsi del processo di secolarizzazione, va individuato nella radicale nuova visione della vita e del mondo che si è diffusa da ristretti ambiti filosofici a strati sempre più vasti della popolazione, grazie anche alla potenza dei mezzi di comunicazione, che tale concezione hanno imposto come vero e proprio “pensiero unico”. Cosi è potuto anche accadere che un fisico italiano, recentemente insignito del Nobel, abbia a suo tempo promosso la campagna che impedì a papa Ratzinger di tenere una conferenza all’Università di Roma. Fulgido esempio di rispetto della libertà di pensiero e di espressione!
Si tratta di una visione della realtà totalmente “orizzontale” in cui è vero solo ciò che è constatabile sperimentalmente, quindi chiusa ad ogni trascendenza. Scienza e tecnica, ampiamente meritorie per i benefici che arrecano all’umanità, pretendono dogmaticamente di negare quella tensione che alberga nell’animo umano con la domanda di fondo sul senso della nostra vita. Ci sanno spiegare “come” è la realtà, non “perché” esistiamo e impongono il “caso” come nuovo idolo della nostra epoca. Da questa temperie ideologica si è sviluppata, più che un vero e proprio ateismo, una diffusa “indifferenza” alla dimensione religiosa, un agnosticismo che non si chiede nemmeno più se esista Dio, e vive una quotidianità liquida priva di ancoraggi e di prospettive.
Si tratta di un contesto mai conosciuto in passato. Gli evangelizzatori, dalle origini del cristianesimo in poi, si sono sempre trovati di fronte a “gentes” con un loro senso religioso e del sacro in qualunque regione del pianeta, aperte al credere, chiunque fosse il dio cui si rivolgevano con sacrifici e preghiere. Oggi nell’occidente euro-americano non è più così.
Affrontare, per il cristiano, questo clima culturale issando, a parole e in opere, soltanto i vessilli della fraternità, della pace, della giustizia e del rispetto del creato può suscitare nella gente del nostro tempo interesse e magari simpatia, ma assai difficilmente disponibilità a prendere in considerazione anche l’esistenza di un Dio-Amore che si è fatto uomo per noi, è morto in croce ed è risuscitato. In un’ottica tutta “orizzontale” Cristo, se pur storicamente è esistito, si riduce a mite e saggio filantropo.
La proposta “culturale”, che sveli i limiti di una simile ottica riduttiva e sottolinei la compatibilità di fede e ragione, non a caso rivendicata anche da Einstein, è allora il canale privilegiato e decisivo per un dialogo vero con tutti; non “blindandoci” nelle nostre certezze, come ammonisce papa Francesco, ma neppure sottovalutando il loro peso “fondante” per ogni fede autentica e per ogni feconda evangelizzazione. Questa esigenza appare tanto più cogente oggi quando la fede, sempre meno trasmessa , spesso assorbita passivamente, da una generazione all’altra come in passato, può crescere solo attraverso un cammino personale arduo e lungo.
E’ quindi da salutare con convinta adesione l’iniziativa interdiocesana “Credi tu questo?” rivolta a tutti noi. Riflettere sui “fondamenti” fornisce la carica energetica indispensabile per ogni “fare”, per ogni aprirsi all’altro, in quella luce “trascendente” senza la quale il cristianesimo non attua e non trasmette integralmente la parola del Signore.
Pier Giuseppe Levoni