Senza gambe non si va lontano
Il recente editoriale di Notizie sull’ormai eterno tema “cattolici, democrazia e impegno politico”, anche nella prospettiva della “Settimana Sociale dei cattolici in Italia” del luglio prossimo a Trieste, presenta sinteticamente ai lettori una nuova proposta: “Il Piano B – Uno spartito per rigenerare l’Italia”. E’ questo il titolo di un volume, curato da quindici qualificati studiosi (Zamagni, Becchetti,Cartabia e Bruni, fra gli altri), sulle cui analisi si sono recentemente confrontati a Modena don Erio e lo stesso Becchetti.
Di che si tratta? Lo sintetizza quest’ultimo in un’intervista ad Avvenire: curare la democrazia ( messa in crisi dal crescere delle disuguaglianze, dall’avvento del digitale e dei social, dal populismo che gioca sulle paure dei migranti, della sicurezza e della transizione ecologica) e selezionare i nostri rappresentanti. Come? Creando una piattaforma, che consenta, secondo le “parole chiave” illustrate nel volume, che “valorizzi e implementi le buone pratiche già messe in atto da cittadini e da corpi intermedi (associazioni, fondazioni, cooperative), protagonisti di una economia sociale di mercato cara alla Dottrina Sociale della Chiesa”.
Oggi, spiega Becchetti, docente all’Università Tor Vergata di Roma, il sistema socioeconomico italiano e globale soffre quattro grandi malattie: ambientale, sociale, demografica e di senso del vivere. Dunque occorre un cambio radicale di paradigma, un Piano B articolato su altrettanti antidoti: 1) un modello d’impresa che coniughi impatto socio-ecologico e profitto; 2) la riscoperta dell’arte delle relazioni, per essere felici e avere successo nella vita economica e sociale; 3) la generatività, cioè l’impatto positivo delle nostre scelte; 4) la felicità e la soddisfazione di vita come orizzonte di direzione.
Mica poco, insomma. E per operare tale cambio di paradigma, che cosa serve? Non un partito, ma uno spartito, cioè una trama di idee su cui svolgere un’azione formativa dei cittadini, così da orientarne le scelte elettorali, a partire dalle prossime europee, suggerendo, secondo Becchetti, di “guardare alla distanza delle diverse forze politiche dallo spartito e votare per quella più vicina”.
Tutto bene, allora? Teoricamente non si può che apprezzare la proposta. Ma, sul piano pratico le perplessità fioccano. In primo luogo, per restare nella metafora musicale, uno spartito, senza suonatori e senza un direttore d’orchestra, resta afono. Ora, se osserviamo la galassia di sigle, associazioni e via elencando, di ispirazione cristiana, che si propongono analoghi obiettivi, senza riuscire ad assumere finora rilevanza concreta apprezzabile, il dubbio che questo nuovo spartito sortisca un esito simile è legittimo. In questi giorni, ultima, ad incrementare il già pletorico e variegato panorama, arriva “AnimAzione”, il soggetto promosso e guidato da Salvatore Martinez, ex-presidente del Rinnovamento nello Spirito, per “ridare slancio all’umanesimo cristiano, che ha fecondato la nostra cultura ed è stato principio di animazione della nostra società”.
E come dimenticare la meteora di “ESSEREQUI”, l’associazione di intellettuali qualificati (De Rita, Prodi, De Bortoli fra gli altri) salita alla ribalta nazionale tre anni fa con il denso libro di denuncia-proposta “Il gregge smarrito”? Dopo quell’exploit interessante e discusso, il silenzio.
Chi, come il sottoscritto e tanti amici carpigiani, ha militato politicamente sotto l’ala di Ermanno Gorrieri, lo ricorda, a vent-anni dalla scomparsa, come ideatore e regista di una memorabile campagna di “tre sere” formative, attuate battendo la provincia a tappeto, sulla scorta di un volumetto guarda caso incentrato sul tema “democrazia”. Abbiamo da lui imparato che anche le idee più valide, senza le gambe organizzate e programmate concretamente, rischiano la sterilità. Questo criterio di fondo vale anche oggi, pur nelle mutate condizioni del costume e nell’irrompere del digitale: se infatti da un lato più complicato è l’aggregarsi delle persone, dall’altro sono enormemente cresciute le potenzialità comunicative e di confronto da remoto. Si tratta di adeguare le modalità operative e di credere sul serio negli ideali che si professano.
Dati i tempi, è certo saggia la scelta del terreno “prepartitico”, ma occorre superare una buona volta frammentarietà e personalismi, con un iniziativa corale, cioè a più voci, ma sostanzialmente unitaria, con un vertice credibile che sappia coinvolgere tutte le energie territoriali, quantitativamente ridotte ma ancora vivaci per qualità e disponibilità all’impegno. Altrimenti gli auspici e i propositi, i piani e gli spartiti, anche quelli più razionalmente costruiti, resteranno vane aspirazioni, di fatto irrilevanti, nell’odierno complesso tessuto socioculturale del nostro Paese.
Di questo problema dovrebbe forse anzitutto preoccuparsi la Cei, indotta oggi a svolgere una singolare supplenza, con continui interventi “diretti” in ambito strettamente politico, e quindi fatalmente divisivo; un terreno che la Gaudium et Spes riconosce propriamente ai laici. Una supplenza che, detto sottovoce, è quantomeno discutibile possa risultare pastoralmente efficace.
Pier Giuseppe Levoni