Allarme sopravvivenza

Allarme Sopravvivenza

Scuole paritarie cattoliche

In questi giorni il settimanale diocesano Notizie ha dedicato l’editoriale e due pagine alle difficoltà economiche delle scuole paritarie cattoliche del nostro territorio, aggravate dalle conseguenze dell’attuale emergenza sanitaria. Anche Avvenire ha documentato il rischio reale che una quota considerevole di tali scuole sia costretta a chiudere, per non gravare ulteriormente sulle famiglie, in assenza di un sostegno pubblico adeguato. Se questo accadesse, per lo Stato il conto  sarebbe salato, dato che per ogni studente “paritario” sborsa 500 euro ogni anno, mentre per quello iscritto negli istituti statali ne spende 8500. Senza considerare i problemi che il sistema scolastico pubblicodovrebbe affrontare per accogliere centinaia di migliaia di altri studenti. E questo restando sul piano strettamente economico-gestionale.

Ma ben più serio appare il problema della sopravvivenza delle scuole paritarie sul piano etico-politico. La Dottrina Sociale della Chiesa da sempre afferma con chiarezza che uno Stato democratico non può limitarsi a “tollerare” la presenza di scuole private che svolgono un servizio alla società civile; deve ”contribuire”, pur con le dovute garanzie, al loro funzionamento, affinché i genitori, per poter esercitare il  diritto di scelta educativa dei figli, non debbano sobbarcarsi oneri insostenibili per larghe fasce di utenti. Tali istituzioni non potrebbero infatti  in alcun caso configurarsi come aperte solo ai ricchi.

La legge sulle “paritarie” ha riconosciuto il principio, ma il sostegno  concreto è ben poca cosa, persistendo una lettura “al ribasso” dello stesso dettato costituzionale, per altro purtroppo ambiguo. La Carta, come è noto, sancisce il diritto di istituire scuole private “senza oneri” per lo Stato: il che da alcuni viene interpretato come divieto di sovvenzionarle, da altri come senza obbligo automatico, ma con autonoma possibilità di farlo. Su questo terreno la diatriba fra laici e cattolici dura ormai da  70 anni, con gli esiti cui oggi assistiamo.

Ma qui interessa piuttosto un altro aspetto. Questa tematica nella realtà ecclesiale di oggi ha ancora importanza? Che ne sanno i fedeli, compresi i praticanti assidui e gli stessi impegnati sul piano pastorale, interessati a tutt’altro? A quanto mi risulta di persona, nulla o quasi.

Non deve sorprendere ciò, se da decenni  certi valori della Dottrina Sociale  vengono piuttosto trascurati nella formazione dei laici, e non solo. Sono di fatto considerati, rispetto ad altre priorità,  verità di serie B, da proclamare e sostenere  due o tre volte all’anno, più per assuefazione che per convinzione. Anzi per qualcuno, teologo o pastore, le istituzioni educative, o di altro tipo sociale, gestite da enti religiosi  sono “strumenti sorpassati” nell’impegno per portare oggi l’annuncio cristiano in una società multiculturale.

Se è così, se della libertà di scelta educativa dei genitori e della sopravvivenza delle scuole gestite da enti cattolici devono preoccuparsi  solo gli utenti, chi ci lavora e l’ufficio diocesano preposto, meglio dircelo con franchezza e uscire dall’ambiguità. Diversamente per le scuole cattoliche tirare a campare precariamente fino a tirare le cuoia, senza che il mondo cattolico tutto si faccia carico realmente del problema, sembra allora solo questione di tempo.

Pier Giuseppe Levoni