A proposito di Bibbia e tradizione

A proposito di Bibbia e tradizione

Il ruolo della Chiesa nella trasmissione della Rivelazione

La Rivelazione giunge ad ognuno di noi attraverso la Tradizione. Per comprendere la “Tradizione” cattolica, bisogna farsi una idea precisa della Rivelazione. La Rivelazione è anzitutto la storia degli interventi di Dio nel mondo, dal primo grande “avvenimento”, che è la creazione, fino alla consacrazione suprema della storia umana attraverso l’Incarnazione, in cui l’Eternità di Dio si unisce alla breve durata della vita terrestre dell’Uomo/Dio. Meglio di qualunque parola, l’agire rivela l’essere.  Dio, presente come uomo tra gli uomini nella sua pienezza di azione e di vita, è per noi la teofania suprema, di cui tutte le altre, occasionali e fugaci, non furono che la promessa e la figura.

 Questa Rivelazione di Dio nel suo Figlio unico, essendo la manifestazione di un Mistero che trascende la carne e il sangue, esigeva che Dio illuminasse dal di dentro gli spiriti di quelli che l’accoglievano.  Non si dà infatti Rivelazione senza rapporto a un soggetto al quale essa è destinata e che sia abilitato a riceverla.   Messaggio divino, attestante in Cristo il Mistero della Salvezza, la Rivelazione Cristiana si completa nella fede che essa suscita.

Trasmissione della Rivelazione: ruolo della Chiesa

Ora, se questa Rivelazione è destinata alla umanità intera, che essa deve orientare verso il Padre, come potrà in pratica raggiungere tutti gli uomini?   Dio che veniva ad attestarcela nel suo Figlio incarnato in un momento determinato della storia, non poteva disinteressarsi del modo di trasmetterla e delle garanzie che ne dovevano assicurare la comunicazione fedele. Noi vediamo effettivamente Cristo scegliere e istituire un gruppo di testimoni accreditati:  gli Apostoli ricevono la missione di proclamare la “buona novella” al mondo intero e di conservare fedelmente tutti i suoi precetti;  alla loro testimonianza Cristo unirà quella del suo Spirito, di cui promette loro l’assistenza continua, in questo modo

Cristo costituiva la Chiesa come unica depositaria del suo Vangelo.  Come nell’Antico Testamento il popolo di Dio, come comunità sacra, era depositario e portatore della Rivelazione primitiva, così la Chiesa lo sarà nel Nuovo Testamento rispetto alla Rivelazione totale.

 Fin qui quasi tutti i Cristiani sono d’accordo. Le differenze nascono quando si vuole determinare questo ruolo della Chiesa. Consiste esso nel ripetere, con fedeltà letterale, un messaggio di cui Cristo si sarebbe incaricato di fissare l’espressione autentica e definitiva?  Non è ciò che sembra insinuare il Vangelo di S.Giovanni, quando, nel discorso dopo la Cena, attribuisce allo Spirito, dato agli Apostoli, il compito pedagogico di introdurli, poco a poco, in tutta la verità, già rivelata da Cristo.  Vi è affermata e considerata normale una crescita nella verità divina. Se poi, con buoni esegeti, si ammette che la prospettiva dell’Evangelista si estende in questo passo a tutto l’avvenire della Chiesa, si può pensare che questa crescita segnerà tutta la storia della Chiesa.  Cristo ha rivelato tutto; ma non tutto è stato assimilato e compreso:  è dunque prevista una intelligenza della Rivelazione da parte della Chiesa, di cui lo Spirito Santo ritmerà le tappe successive in una fedeltà totale al messaggio storico di Cristo.

 Questo ruolo della Chiesa nell’assimilazione e penetrazione del Vangelo si mostra indispensabile, se si tiene conto del carattere storico della Rivelazione di Cristo. Parola umana, indirizzata in tale ambiente determinato, a tal momento della storia e tuttavia destinata a condurre gli uomini di tutti i tempi verso la loro beatitudine, essa deve incontrare gli uomini in situazioni storiche determinate e regolare concretamente la loro marcia verso Dio. Per meglio raggiungerli essa deve assumere il loro linguaggio, essere trasportata nei loro propri contesti mentali, rispondere a questioni che essi gli pongono in quel determinato momento del loro terreno pellegrinaggio.  Se Cristo è veramente il Signore dei tempi, egli deve aver disposto il messaggio che lanciava a poveri pescatori della Galilea, in modo che potesse includere in sé questi adattamenti successivi e questi sviluppi necessari.

 É questa la legge della incarnazione. Dio non ha inviato agli uomini un messaggio astratto, ma una Parola viva. Ma se Cristo non è presente di persona a vegliare sulla intelligenza esatta della sua parola, dove potrà operarsi in questa vasta simbiosi tra la sua Rivelazione e le culture umane successive, la trasmissione fedele del suo Vangelo?    In nessuna altra parte naturalmente che nel soggetto, al quale lo confida: la Chiesa. Essa riceve il potere non solo di predicare il Vangelo, ma di proclamarlo autenticamente a ogni epoca e interpretarlo con certezza.

 Alla sua Parola da trasmettere al mondo, il Figlio di Dio ha unito l’interprete vivente che possa intenderla e spiegarla a tutte le generazioni;  alla testimonianza degli Apostoli che la colsero alla sua sorgente e ne costituirono con l’assistenza dello Spirito Santo un Sacro Deposito, succede ormai la testimonianza della Chiesa.  Ancora una volta la Rivelazione di Dio per noi non rimane parola astratta: come il Vangelo predicato da Cristo era la Persona stessa di Cristo, Verbo di Dio fatto uomo,  cosi questo stesso Vangelo alle future generazioni si incarna nella Chiesa, Corpo Mistico di Cristo.  Rifiutare alla Chiesa il potere di interpretare autenticamente la Parola divina e negare a quella la sua natura soprannaturale è condannare quest’ultima a restare una grandezza estranea al mondo che  essa deve illuminare, come una lettera morta e un libro chiuso.

Ruolo subordinato del Magistero della Chiesa

 Ma bisogna sottolineare che questo Magistero si compie in stretta dipendenza da Cristo: è per assicurare meglio il ministero della Parola, detta una volta per tutte, che Cristo confidò questo Magistero alla Chiesa.  Cristo, come confidò la Grazia della Salvezza per i singoli uomini alla Chiesa nei Sacramenti, così affidò alla Chiesa la sua Parola perché la trasmettesse in forma viva a tutti gli uomini.  Ora la Chiesa, come non trova se non in Cristo la Grazia che essa trasmette agli uomini, cosi non è sua ma di Cristo la Parola che essa annuncia, e che da Cristo ha ricevuto come un “Sacro Deposito”.

Tradizione e Scrittura

Ma  ci si chiede, questo Sacro Deposito, che cosa è se non la Sacra Scrittura e essa sola?  A questo proposito bisogna ricordare quanto già è stato detto e cioè che la Rivelazione non è una raccolta di formule dogmatiche ma, anzitutto, un Avvenimento.  E questo Avvenimento/Rivelazione fu trasmesso anzitutto mediante una Tradizione viva, fatta anch’essa non solo di parole e di formule ben definite, ma di riti e soprattutto di fede vissuta. La Sacra Scrittura, formulazione scritta di questa prima Tradizione, nacque all’interno di questa; e all’interno della Tradizione, come suo Documento precipuo, essendone Autore principale Dio stesso, la Sacra Scrittura fu trasmessa fino a noi.

 La Sacra Scrittura non si può evidentemente dissociare dalla “Tradizione” Apostolica, come non si può dissociare il figlio dalla madre; ma nemmeno la si può dissociare dalla medesima “Tradizione” Apostolica, viva in seno alla Chiesa, per il semplice fatto che questa da quella non si distingue. É’ la Scrittura stessa che ci testimonia che la Tradizione viva degli Apostoli si sarebbe perpetuata di forma viva  nella Chiesa attraverso i secoli; fatto di cui abbiamo visto sopra la convenienza e la necessità. Ora però la Tradizione in questo secondo stadio, come Rivelazione di Cristo vissuta nella Fede della Chiesa, è per noi oggi meno tangibile e definibile di quanto lo sia la Sacra Scrittura, che sappiamo Documento certo della Tradizione Apostolica e quindi espressione autentica della Rivelazione di Cristo.  Man mano che si allontana dalle sue origini, la Chiesa si riferirà sempre più alla Sacra Scrittura come testimonianza privilegiata del Kerigma apostolico.  La Sacra Scrittura però rimane sempre avvalorata e pienamente intelligibile solo nel seno della Tradizione della Chiesa, anche se materialmente può giungere ad esaurirla; perché solo nella Chiesa la Sacra Scrittura, in virtù della Tradizione che vi è ininterrottamente vissuta da Cristo fino alla fine dei secoli, diventa parola viva, obbedendo così alla legge della incarnazione. Solo nella Chiesa si trova quella luce interiore che può trasformare agli occhi dei singoli uomini una parola umana in Rivelazione soprannaturale.

 Si può certo affermare che la sacra Scrittura contiene, almeno implicitamente, tutta la Rivelazione; ma chi è che può fare sì che questo libro, che come tale non si distingue da qualunque altro documento storico, diventi la Parola di Dio viva e attuale? chi può fare sì che essa ritorni una testimonianza vissuta, quale è nella sua origine, sì che molte parole acquistino una ricchezza di significato imprevista, tanto da far apparire esplicitamente ciò che la lettera contiene solo implicitamente? Certamente non può essere che la “Tradizione” viva, nel cui seno appunto è nata la Sacra Scrittura: Tradizione ininterrottamente vissuta nella Chiesa fino ad oggi; nel caso contrario dovremmo ritenere che il Cristianesimo è solo una dottrina astratta.  Ora se la Tradizione è vissuta nella Chiesa e se la Sacra Scrittura ha la sua origine nella Tradizione, si capisce molto bene perché la Chiesa sia a buon diritto custode e interprete e dell’una e dell’altra. La Chiesa custodisce la Rivelazione di Cristo, vivendola nello Spirito Santo, inviatole da Cristo, che la anima. E siccome la Chiesa custodisce vivendo, non può che approfondire sempre più ciò che custodisce: di qui lo sviluppo che attraverso i secoli si ha dell’intelligenza della Rivelazione.  Concludendo, la Sacra Scrittura non la si può dissociare dalla Tradizione viva, e questa è intelligibile solo alla luce del mistero della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo.

Tommaso Cavazzuti