La gloriosa stagione dei dazi
Che sollievo! Sono giorni che la dolcissima parola dazi mi rimbalza piacevolmente in testa, melodioso bisillabo che annuncia l’entrata nel mondo nuovo, quello in cui ognuno farà il suo, quello in cui il feticcio del libero mercato verrà sepolto senza rimpianti, quello in cui il vitello d’oro del cosmopolitismo verrà fatto crollare dalla rupe e si infrangerà polverizzandosi per non risorgere mai più! Per anni il solo dover toccare un prodotto made in china mi procurava irritazioni cutanee, bolle e macchie sulla pelle e la forte e intensa sensazione che, mentre lo usavo, un cinese, a migliaia di kilometri di distanza, ridesse di me. Basta! Fine! Stop! Game over! Ognuno stia nel suo e con il suo faccia e provveda. Questa la ricetta che riporterà tutti, o se non tutti, almeno me, nel mondo dove scorre latte e miele, nuovo eldorado dell’abbondanza.
Dice: ma non ti rendi conto che non ti conviene, che pagherai tutto di più! Ma quando mai! Non hai ancora capito che si porrà fine alla dittatura dell’euro, all’imperio di una moneta di nessuno. Tornerà prima la lira e poi il sesterzio: la vera moneta in argento e oro, che tocchi e senti in tasca. E, proprio perché nostra, ne avremo quanta ne vogliamo! Non ci sarà più nessun limite al conio e potrai anche fartela in casa tua.
Non contento ri-dice: ma non ti rendi conto che, con la chiusura dei mercati, non avremo più accesso a beni a basso prezzo e che gli unici che ne guadagneranno saranno i finanzieri, gli uomini che posseggono mila mila di miliardi e che nel tempo di un respiro possono spostare enormi quantità di denaro da Singapore alle Cayman, laddove il loro denaro acquista sempre più valore, gente avida e cinica i cui interessi non conoscono confini?
Ma proprio non vuoi capire, non hai davanti agli occhi il radioso futuro che il mondo diviso in orticelli non comunicanti creerà? Noi stiamo preparando l’approdo alla forme più pura di rapporto commerciale, l’arma da fine-del-mondo: il baratto! A tuoi amici in ghette e doppiopetto i loro soldi svaniranno come sabbia dalle mani! Quanto rideremo allora di quegli economisti che non sanno distinguere una zucchina da un peperone, che per decenni ci hanno oppresso con le loro teorie sui benefici della libertà economica e dell’internazionalizzazione. Avevamo ragione noi che avevamo individuato i guasti nel neoliberismo selvaggio, nella caduta dei confini e delle barriere. Quanto è stato umiliante sopportare la nostra perdita di identità! Identità, altra dolcissima parola che mi dice chi sono, che mi distingue, mi separa, mi fa finalmente sentire in pace con me stesso, senza il noioso obbligo di dovermi confrontare con altri, tutti strani.
Scrivo queste brevi note col senso di spossatezza che provo dopo un giorno di duro lavoro: ho finito di erigere il muretto a secco che mi separa, se Dio vuole, dal mio vicino, uno strano, col cognome diverso dal mio e un accento in cui non mi riconoscono. Ho steso la poca malta che ho usato, col le mani, la cazzuola made in turkey incenerita. E mentre i morbidi colori del tramonto illuminano la stanza, mi sembra di scorgere uno sfavillio in giardino. E sì, sono tornate le lucciole.
Mario Lugli