Piano di zona: persone e famiglie al centro

Famiglia

Nei mesi scorsi si è sviluppato un significativo e partecipato confronto sul Piano sociale di zona 2018/2020 delle Terre d’Argine: un appuntamento triennale a cui sono chiamati cittadini e associazioni, che dovrebbero così dare il loro contributo al Piano triennale sociosanitario della Regione E.R..

E’ un Piano attraverso il quale la collaborazione tra sociale e sanitario dovrebbe non solo affrontare problematiche diffuse e convergenti, ma anche sviluppare opera di prevenzione ed educazione dei cittadini.

Tanti gli argomenti affrontati nei partecipati appuntamenti dei mesi scorsi: domiciliarità e prossimità, prevenzione disuguaglianze, promozione della salute e promozione autonomia. Esplicita la premessa generale, ribadita nelle conclusioni ufficiali, secondo cui l’approccio non dovrà più essere rivolto alle singole categorie di utenti, ma alle persone nel loro contesto, tenendo conto delle loro relazioni, delle loro famiglie, al fine di fornire risposte adeguate da parte dei servizi socio-sanitari.

Impostazione condivisibile, che arriva tuttavia in tempi difficili e può assumere perciò diversi significati, tra cui la necessità di far appello alle “risorse del territorio”, al volontariato, alla famiglia, in una prospettiva di minore disponibilità da parte degli Enti erogatori. I giusti richiami alla “corresponsabilità sociale diffusa” sembrano presentare aspetti contraddittori in relazione ad una cultura che, cadute le ideologie, si è mossa nella direzione della rivendicazione dei diritti individuali.

Anche rispetto ai ripetuti richiami al ruolo delle famiglie e al loro apporto in termini di collaborazione pubblico-privato si possono attivare scelte politiche finalizzate allo scopo? Per decenni la famiglia è stata considerata una scelta “privata”, oggi diventa una risorsa alla quale non è sufficiente appellarsi, ma riconoscerla in quanto tale “bene comune”. Purtroppo “in Italia solo una minoranza, circa il 30%, riconosce le funzioni sociali della famiglia, intese come condivisioni di relazioni che si sviluppano non solo in famiglia, ma nella comunità circostante” (P.P.Donati Rapporto Cisf 2017). Come educare le famiglie alla relazionalità, considerata la latente o palese autoreferenzialità di molte? A Carpi esiste il Centro per le famiglie, prevalentemente mirato però a curare disagi relazionali e conflitti provenienti dalle separazioni, con un’attenzione prevalente alla prima infanzia. Si tratta allora di promuovere una vera e propria cultura della famiglia come premessa su cui fondare le interessanti proposte emerse dai focus groups: reti di famiglie, condomini solidali, gruppi di auto-mutuo aiuto.

Cosa proporre per far sì che l’incontro famiglia e servizi sociosanitari possa dare dei frutti? Ci sono esempi virtuosi che hanno innescato processi di reciproco riconoscimento: da una parte famiglie che si organizzano in associazioni, dall’altra Amministrazioni che istituiscono uffici o assessorati per la famiglia. Nei loro progetti ci sono alcuni punti su cui possono intervenire le Amministrazioni: uno sportello unico dei servizi offerti, tariffe commisurate al numero dei componenti la famiglia, un portale per far conoscere iniziative e interventi dell’Amministrazione per le famiglie, l’impegno della stessa Amministrazione teso a favorire la conciliazione al suo interno, un ufficio per le politiche familiari.

Nei Comuni delle Terre d’Argine come si sta affrontando il problema? Le nostre sono Amministrazioni a misura di famiglia?

Gabriella Contini