Nelle moderne democrazie il potere non ama mostrarsi troppo. Nella misura del possibile cerca di rimanere nascosto. A chi nella società ha un potere reale interessa l’efficacia nel raggiungimento dei propri obiettivi. Rispetto al passato i tempi sono cambiati. Oggi, chi desidera dominare non è interessato ad avere una schiera di schiavi che lo servono. Preferisce, eventualmente, un gruppo di adulatori che siedono alla sua mensa e condividono un poco la sua bella vita. L’obiettivo principale di chi oggi detiene un potere reale è accumulare ricchezza per consolidare e aumentare ulteriormente le sue possibilità di comprare tutto.
E’ opinione condivisa che il potere reale, oggi, è nelle mani dell’economia. La politica che la dovrebbe governare in realtà è al suo servizio. In certi casi, quando non si ritiene servita a dovere, fa una invasione di campo e assume anche le redini della politica: è quello che è capitato nelle dittature militari dell’America latina ed è quello che avviene anche nelle grandi democrazie quando a forme di governo più popolari succedono candidature di uomini milionari (si veda Trump negli stati Uniti).
Anche gli strumenti usati per accumulare ricchezza e potere non sono appariscenti. Tutto deve avvenire all’ombra della legalità e per mezzo di strutture considerate necessarie in nome della libertà e della democrazia. Nessuno deve mettere in dubbio la liceità delle ricchezze accumulate. Per questo si ricorre, in modo discreto ma efficace, ai mezzi e alle persone che formano l’opinione pubblica: la pubblicità, i mezzi di comunicazione, gli intellettuali e tutti quelli che sanno solleticare gli appetiti meno nobili dell’uomo. Fino a formare un modo di pensare a tal modo condiviso che nessuno ha più il coraggio di attaccarlo.
Papa Francesco chiama questo fenomeno sociale “dittatura del pensiero unico”. “Anche oggi – ha detto il Papa – c’è l’idolatria del pensiero unico. Oggi, si deve pensare così e se tu non pensi così, non sei moderno, non sei aperto o peggio. Tante volte dicono alcuni governanti: se tu vuoi questo aiuto, devi pensare così e devi fare questa legge, quell’altra, quell’altra…”. E’ quello che afferma anche Mons Galantino, riferendosi soprattutto ai problemi bioetici: “In troppi chiedono libertà di pensiero, ma impediscono che altri possano pensarla diversamente, portando nel dibattito pubblico voci e ragioni in favore della famiglia fondata sul matrimonio, oppure dubbi sulla fecondazione eterologa e le sue conseguenze. E altro ancora. Insomma, ci sono troppi libertari dal pensiero unico. Il loro. Che pretendono far diventare legge.”
Nessuno più mette in dubbio che la ricchezza possa essere un male. Anche le disuguaglianze più scandalose sono giustificate. Anzitutto, perché sarebbero il frutto di capacità in sé lodevoli. E poi perché la produzione di ricchezze sarebbe indispensabile per far fronte alla povertà dei molti. Tutti sembrano credere al miracolo della mano invisibile del mercato che avrebbe il potere di generare una equa distribuzione della ricchezza. Il paradigma tecnico-economico imperante difende l’autonomia assoluta dei mercati con il pretesto che da essa deriva lo sviluppo di una sempre maggiore produttività e conseguentemente un benessere sempre più diffuso.
Come ci si può difendere da questa dittatura del pensiero unico? Anzitutto, è necessario seguire un criterio che nell’ambito della conoscenza è fondamentale: dar valore non alle parole, ma ai fatti; rimanere sempre aderenti alla realtà. Non aderire mai ciecamente a quello che ci dicono, ma rifletterci su, per ricercare un riscontro con la realtà in questione. Per valutare la credibilità di una opinione, verificare gli interessi ai quali tale opinione può essere associata. Riconoscere l’importanza di una visione personale, ancorata a punti di riferimento solidi e alimentata da riflessioni critiche in rapporto a tutto ciò che si vorrebbe dare come scontato.
Tommaso Cavazzuti