Karpi fra Moska e Kiev

Karpi fra Moska e Kiev

Ad rivun eundem …

Leggendo in questi giorni gli articoli dei giornali, i messaggi e i post su facebook, ascoltando i commenti e i dibattiti televisivi sulla tragedia che si consuma in Ucraina  è spuntata fra i ricordi adolescenziali una favola del poeta latino Fedro, studiata alla media “Pio”, diretta nell’immediato dopoguerra dalla mitica preside Bonizzi.

Racconta quel breve ma chiarissimo apologo in versi di un lupo e un agnello venuti casualmente a dissetarsi ad rivum eundem, al medesimo ruscello. “Superior stabat lupus” e più in basso la prevedibile vittima. Per tre volte il più forte ricorre a pretesti per incolpare per torti subiti il povero agnello, che con  incontrovertibili argomenti ribatte alle illogiche accuse. A quel punto l’impari “dialogo” si interrompe bruscamente,e il lupo sbrana il malcapitato ovino.

Questa favola, chiosa Fedro, è stata scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti per false ragioni. Ora, tornando al presente, sulle vicende politico-militari pregresse, sui comportamenti passati delle  parti in causa si può disquisire all’infinito, ma chi sia l’aggressore, chi abbia violato il diritto internazionale è sotto gli occhi di tutti.

A Carpi, come nel resto d’Italia, le reazioni all’invasione dell’Ucraina non sono mancate, a partire dalle manifestazioni  di solidarietà alla comunità  di quella nazione qui residente, promosse dalle Istituzioni pubbliche e dalla nostra Diocesi. Sono state rapidamente organizzate dalla Caritas e da diverse parrocchie ( in particolare le due rette da presbiteri polacchi) raccolte di fondi e di generi di prima necessità per assistere i profughi, in fuga dall’inferno scatenato dal neoZar che da due decenni impera sulla Russia.

Più impacciata è apparsa talora la classe partitica locale,  incerta di fronte allo  scenario imprevisto e preoccupante di una nuova possibile “guerra fredda” nel nostro continente, come altrove, fra regimi autoritari e democrazie liberali.  Contrastanti e spesso con i toni da tifoseria politica di un tempo  i commenti sulla stampa e sui social. Si va dal carpigiano operatore commerciale a Mosca che minimizza il dissenso russo antiPutin e ironizza sull’efficacia delle sanzioni, agli improvvisati esperti di strategie internazionali che, per giustificare l’invasione dell’Ucraina, tirano in ballo un “allargamento a est della Nato”, in atto ormai da vent’anni, e determinato, si badi bene, dalla libera volontà dei popoli interessati e non dai “guerrafondai” occidentali.

Si è persino ipotizzato che  il rigore “puritano” dell’attuale presidente USA, troppo condizionato da ragioni ideali nonché dall’apparato economico-militare, possa far rimpiangere il ruvido  pragmatismo trumpiano. Sappiamo bene a cosa abbia portato il voltarsi dall’altra parte delle democrazie di fronte all’invasione hitleriana della Cecoslovacchia nel 1938 e alla spartizione della Polonia  con il Patto Molotov-Ribbentrop. Anche fra i cattolici delle nostre parti si è oscillato fra il pacifismo più radicale e l’invito a considerare lucidamente il rischio di progressivi cedimenti a una politica di violenza militare.

E troppi, pure a Carpi, hanno dimenticato che per settimane ZarPutin ha negato di voler invadere l’Ucraina, definendo puro frutto di isteria i timori in proposito. Poi, col cinismo di chi fa avvelenare gli oppositori interni al suo regime e mette il bavaglio alla libera informazione, ha scatenato l’aggressione. Pardon, a suo dire una semplice “operazione militare speciale”.  Per un moscovita che osa parlare di “guerra”, c’è la galera. Particolare un poco più serio dell’arrivo di scarpe e borsette, contraffatte o meno, nei negozi russi in barba alle sanzioni.

 Stendiamo infine un velo pietoso su certe dichiarazioni pro-Putin del patriarca ortodosso Kirill, campione di un miope patriottismo nazionalistico, che stride fragorosamente con la tensione universalistica della  Fratelli tutti di papa Francesco.

Pier Giuseppe Levoni