La mostra Gratia plena, aperta domenica 3 marzo al Museo Diocesano di Carpi (chiesa di s. Ignazio), ha suscitato un numero ampio e inatteso di condanne, inviti a chiudere, commenti vari, anche di pornografia e blasfemia. Sono passati quattro giorni. La Diocesi spiega, non chiude.
Forse sarebbe stato opportuno aprire con un “bollino rosso”. Nelle trasmissioni televisive il segnale avverte che si attendono spettatori adulti, adeguati per vedere contenuti che potrebbero “disturbare”. Non saprei quale forma concreta avrebbe dovuto avere il bollino rosso per la mostra. In parte è stato supplito con la presentazione fatta all’apertura dell’esposizione. Anche spiegazioni successive della Diocesi hanno cercato di ovviare ai disagi, nati sia per le immagini, sia per il luogo, che è pur sempre una chiesa.
Visto come sono andate le cose, ora chiuderei la mostra o la trasferirei in un luogo diverso da una chiesa, perché questa ad alcuni fa ancora difficoltà anche dopo le “spiegazioni”.
Il motivo della mia opzione è rispettare la sensibilità dei “piccoli”, come li chiama il vangelo, coloro che non ce la fanno e subiscono scandalo, cioè ostacolo indebito. Così ci insegna san Paolo. Sia lui che i cristiani “forti” mangiavano la carne proveniente dai templi degli dei, perché consideravano gli dei un “nulla”. Ma non offrivano questa carne ai cristiani “deboli”, non ancora ben istruiti, che in coscienza pensavano di far sacrilegio. Non volevano creare problemi a questi “piccoli”. Pertanto conclude Paolo: “Non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello” (1 Co 8,13)
I “piccoli”, che non devono essere scandalizzati, vanno però ben distinti da quei falsi scandalizzati, che in realtà cercano argomenti per attaccare il vescovo e il papa, colpevoli di pensarla come loro, indiscutibili possessori della vera dottrina cattolica. Asseriscono di difendere la verità fede, ma in realtà la calpestano. (07.03.2024)
Carlo Truzzi