Amministratori locali in pista

Amministratori locali in pista

La piattaforma della rete

Come riferisce Paolo Negro su Notizie, anche una delegazione delle nostre due unificande diocesi ha partecipato di recente nella Capitale al lancio operativo della RETE degli Amministratori locali, che fanno riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa, costituitasi a Trieste durante l’ultima Settimana Sociale dei Cattolici nello scorso luglio.

L’iniziativa, non a caso definita allora una “sorpresa dello Spirito”, ha coinvolto fin qui circa 700 persone impegnate formalmente, come consiglieri o assessori, in Comuni, Province e Regioni, trasversalmente alle diverse forze politiche, o espressione di liste civiche. A Roma parte di loro ha preso parte all’evento dal titolo ambizioso ma significativo “(Perfino) più di un partito”. 

Lavorando, su schede relative a 14 tematiche, con metodo sinodale che ha coinvolto tutti, in tavoli che riunivano a gruppi circa 400 amministratori provenienti da tutta Italia, è stato possibile uno scambio fecondo di esperienze e l‘individuazione alla fine di cinque rilevanti questioni concrete, da riportare localmente come “proposte” nei rispettivi ambiti di impegno pubblico. E Negro sottolinea: “Abbiamo sperimentato in questa due giorni…come il mondo cattolico sia ancora radicato e possa quindi generare quelle nuove prospettive di cui c’è vitale bisogno,”

Quali sono i cinque prioritari argomenti su cui lavorare in sede locale, tenendo conto anche delle relative “buone pratiche” già sperimentate, e fornite come documentazione ai partecipanti? Li riporta Avvenire: inclusione dei giovani, spesso a rischio solitudine; un welfare più partecipato e meno burocratico; costruzione di una “cittadinanza attiva” attraverso patti di collaborazione; contrasto allo spopolamento dei piccoli centri delle nostre zone montane; formazione dei cittadini alla partecipazione, nella coprogettazione e nel controllo dei servizi sanitari territoriali.

Non si può che convenire sulla validità degli obbiettivi elencati, trattandosi di indicazioni di buon senso, corrispondenti ad esigenze reali, condivisibili più facilmente da maggioranze e opposizioni, Semmai potrà sorgere qualche scoglio nel concordare singole priorità, nella scelta delle modalità da seguire, e nell’entità delle risorse da dedicare. Il diavolo sta nei dettagli, come recita un proverbio inglese.

Ma, augurato ogni possibile successo al futuro della RETE ed espressa gratitudine ai suoi promotori e sostenitori, sarebbe miope non riflettere sui limiti dell’esperimento. In primo luogo questa intesa e collaborazione fra appartenenti a schieramenti contrapposti può essere agevole su argomenti, quali quelli scelti a Roma, ma diventa fatalmente problematica su temi più delicati e politicamente controversi, in cui le divergenze, almeno ai livelli locali di una certa entità (comuni medio-grandi, unioni sovracomunali, province e regioni), finiscono per compattare le maggioranze da un lato e le opposizioni dall’altro. Qui può entrare in gioco per i singoli amministratori l’eterno dilemma: restare fedeli ad un certo obbiettivo trasversalmente condiviso, a spese della disciplina di partito, o adeguarsi alla propria appartenenza?

In secondo luogo, se vogliamo affrontare l’annoso tema dell’irrilevanza politica dei cattolici, pur generosamente impegnati in ambito sociale, quello della RETE  degli Amministratori locali può svolgere un utile ruolo preliminare di crescita personale e di occasionale, anche se importante, collaborazione dei singoli operatori dei vari schieramenti (più di un partito), ma non certo costituire l’autorevole strumento pre-partitico nazionale, capace di contare concretamente ed incisivamente nel confronto politico (meno di un partito).

Le iniziative in merito messe in campo da esponenti del mondo cattolico sono tante, ma fin qui confinate in ristretti circoli socio-culturali, incapaci di esprimersi unitariamente su temi di epocali come, ad esempio, emigrazione e pace, trasvolando ideologicamente nel primo caso fra chiusura diffidente e apertura indiscriminata, nel secondo fra pacifismo ingenuo e riarmo accelerato. In sostanza, gruppi velleitari senza alcuno sbocco operativo unitario di qualche sostanziale valenza almeno propositiva; e questo è tanto più grave in giorni drammatici di profondi sconvolgimenti, in cui, a livello planetario, prevale sempre più la logica della forza, paiono crollare antiche certezze sui principi cardine delle democrazie e sul rispetto del diritto internazionale.

Tornando alla RETE, cui va il più convinto augurio, poniamo due modesti ma opportuni quesiti. Gli amministratori pubblici di ispirazione cristiana cui la proposta è rivolta, conoscono davvero la Dottrina Sociale della Chiesa, cui dovrebbero far riferimento nel loro agire o ne hanno solo qualche vaga reminiscenza acquisita in parrocchia o in associazione? Nel nostro ambito ormai interdiocesano, troverà concreta promozione, e non episodica adesione, questa promettente iniziativa, o ancora continuerà anche qui la scomoda solitudine dei singoli laici, che hanno generosamente scelto di dedicarsi al Bene Comune, assumendo incarichi nelle Amministrazioni locali?

Pier Giuseppe Levoni